Contratti a tempo determinato: le illegittimità più frequenti in sanità

Non è una novità quella che vede il perdurare dei contratti a termine, spesso illegittimamente, soprattutto in ambito sanitario. Altre volte, abbiamo approfondito il tema alla luce del crescente precariato che contraddistingue anche questo settore.

La richiesta dei sindacati e la stabilizzazione dei precari in sanità, soprattutto dopo l’emergenza Covid-19 è diventata una priorità, ma ancora oggi si fa fatica ad adeguarsi. Il sistema non sembra riconoscere l’eccezionalità del contratto a termine e la certezza del risarcimento del danno per chi subisce un’illegittimità di questo tipo non è sufficiente a garantirne la tutela.

La disciplina dei contratti a termine

Come accennato, la legge prevede che il contratto sia stipulato a tempo indeterminato, apporre un termine si traduce nell’esigenza di rispondere alla presenza di casi particolari. La legge del 1962 prevedeva una casistica tassativa di ipotesi in cui era possibile stipulare il contratto a termine. Il D.Lgs. del 2001, invece, ha superato la precedente e tassativa impostazione, adducendo a questo tipo di stipula una qualsiasi motivazione di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo. A seguito delle modifiche introdotte dal DL 34/14, convertito in Legge 78/14 e trasposto interamente nel D. Lgs. 81/2015, è stato soppresso ogni riferimento alla giustificazione tecnica, organizzativa, produttiva o sostitutiva. La legge, cioè, non prevede più esplicitamente che il contratto a termine debba essere giustificato.

Un timido ritorno alle causali è contenuto nel Decreto dignità, che ha subordinato la legittimità dei contratti a termine superiori a 12 mesi alla presenza, appunto, di una causa giustificatrice, tra quelle indicate dallo stesso decreto. Bisogna anche segnalare che le modifiche del Decreto Dignità non si estendono ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni, ai quali continuano invece ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto. Ma è proprio di questi giorni, l’intenzione della premier Meloni di rottamare il Decreto dignità e apportare altre nuove modifiche.

Com’è cambiata nel tempo la disciplina dei contratti a termine h3

Fino al 2001 l’assunzione con contratto a termine era regolata dalla Legge 230/1962 e dalla Legge 56/1987. Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368, tale normativa è stata ampiamente modificata. Ulteriori mutamenti si sono poi susseguiti con l’entrata in vigore dapprima della legge 183/2010, successivamente della legge di riforma del mercato del lavoro contenuta nella n. 92/2012, poi del Decreto Legge 76/2013 (convertito in Legge 99/2013) e, infine, dal Decreto Legge 34/2014 convertito in Legge 78/2014.

Da ultimo, la normativa è stata modificata dal Decreto Legislativo n. 81/2015, attuativo della legge delega n. 183/2014, entrato in vigore il 25 giugno 2015, che ha abrogato il D.Lgs. 368/2001. Tale disciplina normativa è stata poi riformata dal D.L. 87/2018, convertito in legge con modificazioni dalla L. 96/2018 (c.d. Decreto Dignità). Dopo è arrivato il PNRR con l’attuale intenzione di stabilizzare i precari, ma la strada sembra lunga e in salita.

Cosa stabilisce la legge a proposito dei contratti a termine?

La legge definisce una durata massima del contratto a termine e ne disciplina la proroga. Nel caso di violazione di tali disposizioni, si determina la trasformazione a tempo indeterminato del contratto. La trasformazione automatica si ha anche in caso in cui il lavoratore venga trattenuto in servizio dopo la scadenza del termine, così come in caso di riassunzione entro un determinato periodo dopo la scadenza del contratto.

Esistono poi regole particolari per l’assunzione a termine in specifici settori, tra cui quello del turismo e dei pubblici esercizi. Una particolare disciplina è prevista anche per l’assunzione a termine per alcune figure specifiche, quali i dirigenti o persone in mobilità per i quali vige un regime specifico.

In generale, la legge prevede, a determinate condizioni, un diritto di precedenza nell’assunzione a tempo indeterminato presso la stessa azienda di un dipendente già in servizio a tempo determinato. Tra l’altro, è bene tenere a mente che il rapporto di lavoro a termine non prevede possibilità di interruzione del contratto prima della scadenza naturale se non in presenza di particolari condizioni. Ciò vale soprattutto per il datore di lavoro che non può licenziare il lavoratore se non in presenza di giusta causa. Questo è ambivalente anche per il lavoratore, che a sua volta può dimettersi prima della scadenza del termine solo per giusta causa.

Consultare un avvocato specializzato, può essere essenziale per esigere i propri diritti ed esplicare i propri doveri. Rivolgiti ai migliori avvocati specializzati del team di Consulcesi and partners

L’utilizzo abusivo della reiterazione dei contratti a termine

L’utilizzo abusivo dei contratti a termine e l’inerzia nell’indizione dei concorsi pubblici è costata molto cara in tutti questi anni allo Stato italiano, costretto a risarcire migliaia di lavoratori precari.

Questo tipo di tutela contro lo sfruttamento dei lavoratori precari da parte della Pubblica amministrazione, però, non serve ad arginare il fenomeno. Ciò che sarebbe invece utile, implicherebbe una vera attuazione all’art. 36 del D.lgs. 165/2001 che prevede “l’utilizzo di contratti a termine da parte della Pubblica amministrazione solo per esigenze temporanee ed eccezionali”.

Le pronunce contro la reiterazione abusiva del contratto a termine

Una delle ultime in ordine temporale è l’ordinanza  n. 6493 del 28 febbraio 2022, con la quale la Cassazione afferma che, in caso di illegittima reiterazione del contratto a termine, il pubblico dipendente ha diritto solamente al risarcimento del danno da perdita di chance, non quantificabile con i parametri dettati dall’art. 18 della L. 300/1970. Per la sentenza, cioè, il pregiudizio sofferto dal lavoratore deve considerarsi normalmente correlato alla perdita di chance di altre occasioni di lavoro stabile e non alla perdita del posto, stante che la conversione del rapporto risulta esclusa per legge. Secondo i Giudici di legittimità, ne consegue che il parametro per la quantificazione del ristoro va individuato nell’art. 32, comma 5, L. 183/2010, disposizione espressamente riferita al risarcimento del danno in caso di illegittima apposizione del termine.

Non va comunque sottaciuta la pronuncia che si è rivelata una svolta storica. La sezione lavoro della Cassazione civile, con la sentenza n. 37746 del 2022 ha stabilito una volta per tutte l’illegittimità della reiterata proroga dei contratti a tempo determinato.

La sentenza riguarda proprio gli infermieri e il personale del comparto sanitario, ma è ovvio che il principio è applicabile anche ad altre categorie. In particolare, si afferma che la stipula dei contratti di lavoro a termine con la pubblica amministrazione può essere fondata solo ed esclusivamente su esigenze temporanee ed eccezionali. Utile è sottolineare che non vi è alcun divieto di assunzioni a tempo indeterminato, previsto dalla legge. La Suprema Corte afferma tra l’altro che le esigenze temporanee ed eccezionali richieste dal legislatore, a partire dall’anno 2006, per la stipula dei contratti a termine non possono essere intese come divieto di assunzioni a tempo indeterminato. Al contrario, ne deriverebbe un vero e proprio blocco delle assunzioni, con inevitabili effetti sulla continuità dei servizi assistenziali.

Tra le altre pronunce è stata anche cristallizzata l’illegittimità della reiterazione di contratti a tempo determinato per il conferimento di incarichi dirigenziali in ambito sanitario alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza della Corte di Cassazione n. 13066 del 26 aprile 2022.

Ti trovi in una situazione simile e hai dubbi?

Il nostro appello, dunque, si rivolge a tutti gli operatori sanitari e non solo che si trovano in una situazione simile a quelle sopra descritte, affinché sappiano che: anche se la tutela prevista non è totale e sempre univoca, esistono molti rimedi come l’impugnazione del contratto a termine che deve avvenire entro 120 giorni dalla scadenza del termine e la richiesta di risarcimento per illegittima reiterazione.

Tra l’altro, è necessario essere consapevoli che il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto è inferiore a 24 mesi e, comunque, per un massimo di 4 volte nell’arco di 24 mesi, a prescindere dal numero dei contratti.

Illegittimità conclamate sono previste anche di fronte a fattispecie che andrebbero riviste con occhio vigile all’anzianità di servizio.

Condividi la notizia

    RICHIEDI SUBITO UNA CONSULENZA

    Acconsento al trattamento dati per:

    Ricezione di offerte esclusiveVedi tutto

    L’invio di comunicazioni promozionali e di marketing, incluso l’invio di newsletter e ricerche di mercato, relative a prodotti e servizi del Titolare e di partners commerciali, attraverso strumenti automatizzati (sms, mms, email, notifiche push, fax, sistema di chiamata automatizzati senza operatore, utilizzo dei social network) e strumenti tradizionali (posta cartacea, telefono con operatore).

    Condivisione con altre societàVedi tutto

    La comunicazione dei Suoi dati personali a società con le quali il Titolare abbia stipulato accordi commerciali e/o convenzioni, appartenenti alle seguenti categorie: professionisti, società o enti di comunicazione e marketing; professionisti, società o enti operanti in ambito legale, tributario/fiscale, finanziario, contabile/amministrativo, assicurativo, formativo, informatico/tecnologico; professionisti, società o enti operanti in ambito socio-umanitario; professionisti, società o enti operanti in ambito immobiliare e in ambiti correlati; professionisti, società o enti operanti nel settore delle produzioni televisive e cinematografiche; professionisti, società o enti del settore sanitario, medicale/farmaceutico e fornitori di servizi per la persona e per il tempo libero, per loro finalità di marketing diretto attraverso strumenti automatizzati o strumenti tradizionali.

    Finalità scientifiche e statisticheVedi tutto

    Lo svolgimento di indagini statistico-scientifiche relative al mondo medico-sanitario ed al benessere dei cittadini.

    ProfilazioneVedi tutto

    Lo svolgimento di attività di profilazione volte a migliorare la qualità dei servizi erogati e l’adeguatezza delle comunicazioni commerciali alle Sue preferenze.