Retribuzione e mansioni superiori: come richiederle e tutelarsi?

Durante la carriera lavorativa, è possibile trovarsi a svolgere mansioni diverse da quelle che, per contratto, ci vengono assegnate e spesso e volentieri potrebbe capitare che, sostituendo un collega assente, si svolgano mansioni superiori alle nostre. Per riuscire a capire quando svolgiamo la mansione superiore a quella assegnataci, per verificare che la retribuzione sia congrua, per scoprire come – nel caso – tutelarsi e richiedere la differenza retributiva, è necessario procedere per gradi e individuare alcuni concetti chiave.

Prima di ogni cosa, ci deve essere ben chiaro il concetto di retribuzione. Ai sensi dell’art. 36 Cost., la retribuzione è il corrispettivo della prestazione del lavoratore subordinato al datore di lavoro e deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato e sufficiente a garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

Quali sono gli elementi della retribuzione?

Una volta individuato il concetto di retribuzione, è necessario indagare quali sono gli elementi della retribuzione.  La retribuzione sufficiente a cui ha diritto il lavoratore è quella stabilita dai cosiddetti “minimi contrattuali” o paga-base. Questa viene individuata all’interno del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, in cardine con la qualifica per la quale si è stati assunti.

La paga-base può aumentare per il passaggio di qualifica del lavoratore o in caso di rinnovo del CCNL. Inoltre, i parametri possono mutare e la paga aumentare per gli “scatti di anzianità” di servizio.

Inoltre, possono individuarsi degli elementi eventuali come i superminimi, cioè delle somme convenute tra datore e lavoratore nel contratto individuale (superminimi individuali) o nella contrattazione aziendale (superminimi collettivi).

A volte, questi superminimi vengono assorbiti da altri tipi di aumenti previsti in busta paga. In tal caso, bisogna prestare molta attenzione, in quanto al di là dell’aumento, si ha sempre diritto al superminimo soprattutto se è considerato come compenso aggiunto e legato a speciali meriti del lavoratore.

A titolo non esaustivo, in busta paga, possiamo poi trovare varie indennità atte a colmare e quindi remunerare un maggior carico di lavoro. In tal caso, potremmo avere:

  • Compenso per lo straordinario;
  • Indennità per il lavoro festivo e/o domenicale;
  • Indennità di cassa;
  • Indennità di trasferta;
  • Vari benefit cole vitto, alloggio, servizio mensa, palestra, ecc..

Non bisogna, poi, dimenticare le mensilità aggiuntive e i premi, come la tredicesima e la quattordicesima e altri premi aziendali.

Mansioni superiori e differenze retributive, i casi più frequenti

Cosa succede se l’effettiva retribuzione dovuta al lavoratore non viene corrisposta o viene corrisposta ma non nel suo intero importo?

I casi che si verificano di frequente sono essenzialmente tre:

  • il lavoratore ha svolto mansioni relative ad un inquadramento superiore e per le quali doveva essere prevista una paga base più alta in base al contratto collettivo;
  • il lavoratore ha lavorato più ore di quelle riconosciute dal contratto ed effettivamente pagate, oppure ha fatto straordinari che non sono stati riconosciuti nella busta paga;
  • nel corso del rapporto di lavoro, non sono stati riconosciuti gli scatti di anzianità o il passaggio di qualifica che sarebbe spettato al lavoratore.

In tutti questi casi, il lavoratore ha diritto a richiedere e ottenere le differenze retributive ovvero tutti quegli importi che gli spettano, ma che non gli sono mai stati riconosciuti.

Il riconoscimento di mansioni superiori

L’assegnazione di mansioni superiori avviene quando il datore di lavoro richiede al dipendente di svolgere – in via esclusiva o prevalente e in misura temporanea – mansioni superiori. Ciò si traduce nello svolgimento di attività appartenenti ad un livello di inquadramento più elevato rispetto a quelle per le quali il lavoratore è stato assunto.


Nel caso in cui lo svolgimento delle mansioni superiori diventi definitivo, il lavoratore ha diritto ad una promozione che lo porti ad appartenere al nuovo quadro di riferimento con un conseguente aumento salariale.


Qualora questi diritti non dovessero essere riconosciuti, è lecito ricorrere per vie legali.

Secondo quanto stabilito dal nostro ordinamento, il datore di lavoro ha il potere di modificare unilateralmente le mansioni da svolgere, assegnando al lavoratore mansioni superiori in via temporanea solo nei casi di:

  • sostituzione di un lavoratore assente (es. per maternità o per malattia) con il diritto alla conservazione del posto fino al rientro di quest’ultimo;
  • a prescindere dalle ragioni che le hanno richieste, le mansioni superiori possono essere svolte durante il periodo di tempo fissato dal contratto collettivo o per un periodo non superiore ai 6 mesi continuativi.

Oltrepassare tali limiti comporta la definitiva assegnazione a mansioni superiori. Se ciò accade, il lavoratore ha il diritto a chiedere il riconoscimento della qualifica superiore.

Consultare un avvocato specializzato, può essere essenziale per esigere i propri diritti ed esplicare i propri doveri. Rivolgiti ai migliori avvocati specializzati del team di Consulcesi and partners!

Il riferimento normativo è la disciplina prevista dall’art. 2103 c.c. – come modificato dall’art. 3, co. 1, D. Lgs. n. 81/2015 c.d. “Job Act” – secondo cui “il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte” (comma 1) e ancora “nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salvo diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi” (comma 7).

Come dimostrare l’esercizio di mansioni superiori e richiedere le differenze retributive?

Per valutare l’effettiva assegnazione a mansioni superiori al proprio livello, si deve fare riferimento al CCNL di riferimento per il rapporto di lavoro e leggerlo alla luce dell’art. 2095 c.c. che distingue i lavoratori in dirigenti, quadri, impiegati e operai, partendo dai livelli più alti per passare via via a mansioni caratterizzate da un livello di autonomia decisionale molto basso con livelli retributivi ovviamente differenti.

Per richiedere un adeguamento di livello contrattuale e agire nei confronti del datore di lavoro per conseguire il riconoscimento della qualifica superiore e dell’equiparazione della retribuzione, il lavoratore dovrà fornire rigorosa prova delle circostanze di fatto allegate, indicando elementi precisi e univoci. In difetto dell’assolvimento da parte del lavoratore del richiamato onere probatorio, la domanda sarà affetta da nullità con conseguente rigetto, per vizio insanabile del ricorso.

Per quanto riguarda il calcolo delle differenze retributive, questo viene fatto per difetto e occorre affidarsi a professionisti specializzati per non rischiare di incorrere in errori grossolani.

Il procedimento per richiedere e ottenere le differenze retributive

Il lavoratore che si trova nella situazione più volte illustrata in precedenza, potrà subito inviare al datore di lavoro una lettera di contestazione per chiedere il pagamento delle differenze retributive in via informale. Qualora quest’atto venga disatteso, allora il lavoratore potrà adire le vie legali e procedere tramite:

  • ricorso per decreto ingiuntivo;
  • ordinaria causa di lavoro quando occorre dimostrare l’effettivo inquadramento in base alle mansioni svolte, oppure un numero superiore di ore o di straordinari effettuati dal lavoratore;
  • tentativo di conciliazione all’Ispettorato del lavoro o in sede sindacale;
  • negoziazione assistita.

In tutti casi, sarà essenziale e fondamentale essere assistiti da un avvocato specializzato in materia.


Bisogna, inoltre, prestare attenzione alla prescrizione di questo diritto che è differente in base ai casi:

  • si prescrivono in 5 anni tutti i crediti di carattere retributivo caratterizzati da periodicità (stipendio mensile) e le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro ex art. 2948 c.c.;
  • si prescrivono in 10 anni i diritti relativi al passaggio di qualifica, le erogazioni una tantum, le indennità per ferie o permessi non goduti, il risarcimento del danno per omesso versamento contributivo.

Opera poi la prescrizione presuntiva di 1 anno per le retribuzioni pagate con cadenza non superiore al mese e di 3 anni per le retribuzioni pagate con cadenza superiore al mese. Il decorso del termine di prescrizione dei diritti retributivi parte dalla cessazione del rapporto di lavoro, come chiarito recentemente anche dalla Corte di Cassazione (sent. n. 26246/2022).

 

 

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