Licenziamento disciplinare illegittimo: il datore di lavoro deve concedere il termine al dipendente per difendersi

La sanzione del licenziamento irrogata dal datore di lavoro per motivi disciplinari senza aver preventivamente informato il lavoratore, con relativa concessione del termine previsto per la presentazione di eventuali giustificazioni, rappresenta una violazione della procedura prevista in questi casi, con conseguente illegittimità del licenziamento.

Il disposto di cui all’art. 7 della l. n. 300/1970 stabilisce, al suo comma 2, che il datore di lavoro non può assumere alcun provvedimento disciplinare nei riguardi del suo dipendente, senza averlo preventivamente messo a conoscenza dei motivi della contestazione, invitandolo a spiegare le ragioni a sua difesa.

Al successivo comma 5, viene altresì stabilità che, in ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi rispetto al rimprovero verbale, non possono essere irrogati prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione formale inoltrata al lavoratore.

In questo articolo esaminiamo il tema, approfondendo i diritti del lavoratore e i termini entro i quali possono essere esercitati. Per una consulenza personalizzata, puoi rivolgerti ai consulenti legali di Consulcesi & Partners.

 

La contestazione disciplinare 

Pur non essendo previsti particolari requisiti di forma, la contestazione disciplinare relativa a potenziali sanzioni superiori al rimprovero verbale deve avere sempre forma scritta e deve essere portata a conoscenza del lavoratore.

Per quanto concerne le modalità di consegna della missiva, è preferibile l’uso di strumenti che possano garantire l’effettiva ricezione da parte del lavoratore, con possibilità di datazione certa del momento in cui quest’ultimo viene a conoscenza del contenuto della contestazione, per cui la raccomandata con ricevuta di ritorno, la Pec o la firma per ricevuta della missiva vengono di gran lunga preferite, rispetto ad altre modalità che conferiscono minore certezza all’adempimento.

La contestazione deve provenire dal datore di lavoro o da persona da costui incaricata, che abbia comunque un ruolo superiore al lavoratore.

Nel contenuto della missiva deve essere chiara l’intenzione del datore di lavoro di considerare i fatti contestati alla stregua di un illecito disciplinare, manifestando l’intenzione di irrogare la relativa sanzione.

Inoltre, per poter essere valida, la contestazione deve essere:

  1. specifica, indicando analiticamente il comportamento incriminato e la regola di condotta violata dal lavoratore
  2. immediata, ossia riguardare fatti avvenuti in un ristretto termine temporale così da non far ragionevolmente pensare che il datore abbia inteso soprassedere alla contestazione
  3. immutabile, per cui i fatti contestati devono essere coincidenti con l’oggetto della contestazione

Il rispetto di tutti questi criteri è funzionale a consentire al dipendente di potersi difendere adeguatamente, così da motivare in modo specifico e puntuale le ragioni del proprio comportamento, fornendo altresì eventuali prove precise e concludenti a proprio favore.

Seppur non è previsto un obbligo per il datore di lavoro di allegare alla contestazione la documentazione aziendale relativa all’addebito mosso al lavoratore, la Cassazione ha comunque riconosciuto il diritto del medesimo a poter visionare tali documenti allorché siano necessari per difendersi.

 

La difesa del lavoratore 

Dal momento in cui il lavoratore viene a conoscenza della contestazione disciplinare mossa dal datore, decorrono 5 giorni per presentare le proprie giustificazioni.

Queste possono essere presentate dal dipendente in forma scritta od orale, potendo essere integrate nel corso di un’audizione personale che il lavoratore può sempre richiedere, nel rispetto del medesimo termine, alla parte datoriale. È obbligo del datore di lavoro, che riceva tempestiva richiesta di audizione, convocare il lavoratore per ascoltare le sue ragioni, mentre se tale istanza non viene presentata non vi è alcun obbligo di convocazione. Questo termine è quello minimo previsto dalla richiamata normativa, per cui può essere legittimamente incrementato dalla contrattazione collettiva che vogliano prevedere condizioni di miglior favore per il lavoratore.

Nel calcolo dei 5 giorni devono includersi anche quelli festivi, per cui non c’è alcuna sospensione né interruzione del termine, dovendo valere, ai fini della loro tempestività, il momento in cui le giustificazioni giungono nella sfera di conoscibilità del datore. Lo scopo di questo termine è fondamentalmente quello di consentire al lavoratore l’esercizio del suo diritto di difesa, valutando la possibilità di motivare le ragioni giustificatrici della condotta oggetto di addebito da parte del datore, per farlo desistere dall’intenzione di irrogare la paventata sanzione disciplinare, mentre dall’altro di permettere al datore di lavoro di considerare, più accuratamente, sulla opportunità o meno di procedere all’applicazione della sanzione, scegliendo quella più conforme al caso contestato.

Qualora con la contestazione disciplinare non sia stato concesso al dipendente il termine previsto dalla legge, ovvero quello più ampio riconosciuto dalla contrattazione collettiva, per la presentazione delle giustificazioni, la successiva irrogazione della sanzione sarà radicalmente nulla, così come vale nell’ipotesi in cui, seppur consesso il termine, la sanzione venga applicata prima del decorso dello stesso, a meno che il lavoratore non abbia già esercitato il suo diritto a difesa, senza manifestare alcuna esplicita riserva di ulteriori produzioni documentali o motivazioni difensive.

Alla luce della delicatezza del tema trattato e della necessità di agire tempestivamente sarebbe sempre auspicabile che, in questi casi, il dipendente faccia ricorso all’assistenza di un legale specializzato nell’ambito del diritto del lavoro. Affidati agli specialisti di Consulcesi & Partners

 

Leggi anche: Il licenziamento per giusta causa: quando si configura e come agire se non si è d’accordo

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