Decreto Bollette: inasprite le sanzioni per chi aggredisce il personale sanitario

Il fenomeno delle aggressioni dei sanitari, soprattutto nei Reparti di Pronto Soccorso dei nostri ospedali, ha ormai raggiunto livelli non più sostenibili, se è vero che, come riportato dalle statistiche pubblicate dall’Inail, si contano oltre 12 mila casi di infortunio riconducibili a violenze subite dal personale in occasione di lavoro, con una media di oltre 2.500 eventi denunciati all’anno.

Il recente intervento del Governo: cosa prevede l’art. 16 del Dl n. 34/2023

L’esigenza di porre un freno a questa deriva di violenza ha quindi portato alla recente adozione di un provvedimento che, contenuto nel D.L. del 30 marzo 2023 n. 34 (meglio noto come Decreto Bollette), introduce alcune disposizioni in tema di contrasto agli episodi di aggressioni fisiche nei confronti del personale sanitario.

A tal fine, sono state quindi apportate alcune modifiche all’art. 583-quater del codice penale, introducendo la procedibilità d’ufficio del reato anche nell’ipotesi di lesioni non gravi (quindi, inferiori ai 40 giorni di prognosi) cagionate ad un esercente una professione sanitaria o sociosanitaria nell’esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni.

Pertanto, non sarà più necessaria la presentazione della querela da parte del professionista che ha subito l’atto violento per procedere, ricadendo sullo Stato l’onere di intraprendere l’azione penale nei confronti dell’aggressore.

Inoltre, sono state inasprite le sanzioni penali per cui, anche in caso di lesioni che non abbiano il carattere di gravità, ossia con prognosi inferiore a 40 giorni, la sanzione della reclusione passa da due a cinque anni, mentre qualora le lesioni risultino gravi la pena salirà fra 4 e 10 anni e fra 8 e 16 anni per i casi di conseguenze fisiche gravissime.

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L’incriminazione per interruzione di pubblico servizio

Vi è altresì da aggiungere che, oltre all’inasprimento delle sanzioni previste in caso di lesioni provocate al personale sanitario, l’aggressore potrebbe rispondere penalmente anche dell’ulteriore reato di interruzione di pubblico servizio, dal momento che l’aggressione del professionista sanitario potrebbe cagionare un possibile pregiudizio per l’utenza che, di fatto, verrebbe a patire un rallentamento, se non proprio un blocco, delle prestazioni previste a suo favore.

Da registrare, in proposito, una interessante pronuncia resa dalla Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione  che, nel precedente contrassegnato dal n. 19853/2021, ha confermato la sentenza resa dalla Corte di Appello, con cui l’imputato era stato condannato per i reati di cui agli artt. 61 n. 10, 612 e 340, primo comma del codice penale per avere provocato l’interruzione – e comunque turbato la regolarità del servizio pubblico di pronto soccorso – di un’azienda ospedaliera quando, aggredendo verbalmente e minacciando violenza fisica agli operatori sanitari, impediva per un certo lasso di tempo lo svolgimento del servizio di assistenza ai malati.

Si legge nella parte motivazionale che, riguardo ai reati contro la Pubblica Amministrazione si configura “il reato di cui all’art. 340 del codice penale la condotta che, pur non determinando l’interruzione o il turbamento del pubblico servizio inteso nella sua totalità, comporta comunque la compromissione del regolare svolgimento di una parte di esso”.

Ciò significa che poco importa che la sospensione del servizio abbia riguardato o meno un’area circoscritta del nosocomio pubblico (come potrebbe essere un singolo reparto), perché ciò che rileva è che a causa del comportamento violento di un utente si sia ingenerata l’interruzione anche di una singola fase del servizio pubblico reso dall’operatore sanitario coinvolto che, dovendo fronteggiare l’aggressione e le sue conseguenze, non ha potuto fornire la propria prestazione, provocando così il disservizio.

Ci si augura che tutte queste nuove misure, portate concretamente a conoscenza dell’utenza che accede ai nostri ospedali pubblici, possano davvero provocare quell’effetto dissuasivo auspicato, così da far regredire il fenomeno dell’aggressione al personale sanitario, già gravato da oneri di lavoro, soprattutto in Pronto Soccorso, non più sostenibili, ai livelli di episodi soltanto saltuari, ripristinandosi così un ambiente che favorisca il miglioramento della relazione medico-paziente, con ricadute benefiche a tutti i livelli.

 

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