Aggressioni agli operatori sanitari: cosa stabiliscono le norme e come tutelarsi

La questione delle aggressioni agli operatori sanitari è ormai un vero e proprio allarme sociale. Non solo in relazione alle conseguenze dirette per chi subisce l’aggressione, ma anche perché si tratta di episodi che mettono in discussione la sicurezza e l’organizzazione delle strutture sanitarie pubbliche e talvolta anche private.

Inasprimento delle pene con la legge 113 del 2020

Nel 2020 si è cercato di arginare questa problematica attraverso la legge 113 del 14 agostoDisposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”, approvata praticamente all’unanimità ed entrata in vigore il 24 settembre dello stesso anno. In sostanza la normativa ha previsto che le ipotesi in cui le lesioni siano cagionate al personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria costituiscono una circostanza aggravante speciale che inasprisce le pene (art. 583 quater codice penale).

Pertanto, in caso di lesioni gravi è prevista la reclusione da quattro a dieci anni e in caso di lesioni gravissime da otto a sedici anni. Inoltre, anche fra le aggravanti comuni (art. 61 del codice penale) è stato inserito un riferimento al personale sanitario e sociosanitario, affinché i reati di lesioni e percosse siano procedibili d’ufficio, ciò vuol dire che anche se la vittima non sporge una formale querela, lo Stato procederà comunque nei confronti del responsabile.

L’inasprimento delle pene, per una situazione che è ormai divenuta a tutti gli effetti un’emergenza sociale è sicuramente un passo importantissimo e un segnale dell’impegno dello Stato per la tutela degli operatori sanitari. Tuttavia, a quasi tre anni dall’approvazione, questa normativa non ha sortito alcun effetto positivo sulla riduzione delle aggressioni nei confronti degli operatori sanitari.


I dati delle aggressioni, in particolar modo nei confronti di medici e infermieri, sono aumentati in maniera esponenziale negli ultimi anni.


 

Proposte di modifica alla normativa: la qualifica di pubblico ufficiale

Proprio per questo alcuni esponenti delle istituzioni mediche stanno sostenendo l’approvazione di una ulteriore normativa che renda tutti gli operatori sanitari pubblici ufficiali, opzione che in sede di approvazione della legge 113/2020 era stata scartata. Infatti, secondo il legislatore se da una parte tale qualifica avrebbe tutelato gli operatori sanitari vittime di reati con pene più dure a carico dei responsabili e con la procedibilità d’ufficio per un numero maggiore di casistiche; dall’altra avrebbe attribuito loro maggiori responsabilità, con un bilanciamento sproporzionato.

Ma i sostenitori di questa tesi portano a supporto della loro valutazione il fatto che in numerose sentenze della Corte di Cassazione è stata attribuita tale qualifica agli operatori sanitari aggrediti (vedi ad esempio Cass. pen. sez. VI n. 39320/22). È opportuno precisare però che tutte le casistiche in cui la Suprema Corte si è spinta a dare questa interpretazione molto “ampia”, riguardavano soggetti che svolgevano la propria attività all’interno del SSN, ma potrebbe essere difficile conciliare una previsione del genere in relazione all’attività dei medici liberi professionisti o convenzionati, senza creare delle disparità o delle difficoltà di applicazione della norma.

Forse il punto cruciale non è tanto quello di inasprire le pene, metodo che peraltro è stato spesso tentato anche per la prevenzione di altre tipologie di reati e che non ha portato mai a grandi risultati, ma di agire in funzione preventiva a supporto degli operatori sanitari pubblici e privati mettendoli in condizione di svolgere la loro attività in sicurezza.

Come tutelarsi in caso di aggressione

Ma al di là delle disquisizioni teoriche e in attesa di una convincente attività di prevenzione da parte dello Stato è importante per il professionista sanitario sapere come si può tutelare tenendo presente che ci sono tre ambiti da valutare:

  • il procedimento penale nei confronti dell’aggressore;
  • la potenziale richiesta per il risarcimento dei danni fisici subiti;
  • l’eventuale responsabilità dell’azienda datrice di lavoro per non aver adottato le norme necessarie a garantire la sicurezza del lavoratore.

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In relazione al procedimento penale come già precisato, nei casi più gravi affinché il responsabile venga perseguito non è necessaria la querela da parte della vittima, in ogni caso, nelle ipotesi in cui la querela sia essenziale o comunque la vittima intenda effettuarla occorre che vengano indicati nel dettaglio tutti i fatti che si sono verificati e gli eventuali testimoni. La querela se orale, può essere resa direttamente ad un ufficiale di polizia, se redatta in forma scritta deve essere firmata dalla vittima o dal legale che ha incaricato di assisterla.

Particolare rilievo nei procedimenti di questo tipo assumono i referti medici che attestano l’esistenza e la tipologia dei danni fisici subiti anche al fine di valutare l’entità di un’eventuale richiesta di risarcimento danni in sede civile.

La responsabilità dell’azienda

Quanto alla responsabilità dell’azienda datrice di lavoro, innanzitutto è opportuno precisare che è tenuta a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, attivando gli strumenti funzionali a garantire la sicurezza del lavoratore. Se a fronte della prova concreta del danno da parte della vittima, l’azienda non fosse in grado di provare la propria diligenza potrebbe essere ritenuta responsabile del danno biologico, morale e professionale (Cass. pen. sentenza 14566 del 2017). In questo caso la responsabilità sarebbe una conseguenza della mancata protezione del lavoratore, che non può esaurirsi nella mera applicazione delle norme di sicurezza previste dalla Legge, ma deve essere integrata da una valutazione specifica dei rischi concreti che l’attività dell’operatore sanitario può comportare.

In ogni caso è essenziale chiedere sempre il supporto di un legale specializzato con il quale concordare la migliore strategia, poiché i casi di aggressione hanno innumerevoli implicazioni legali e morali, dunque, attivarsi correttamente sin da subito potrebbe agevolare la chiusura del procedimento e garantire anche un risarcimento rapido ed equo per il danneggiato.

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