Danni cagionati da animali in custodia, chi è il responsabile?

Con la pandemia, si è registrato un boom di adozioni di animali domestici dovuto soprattutto alla voglia di colmare quella solitudine da smart working che ci costringe quotidianamente per molte ore in casa (e che ha anche una conseguenza diretta sul maggior consumo elettrico e quindi sulle bollette più salate). Il tema dei danni cagionati da animali in custodia implica anche il coinvolgimento degli animali che non sono domestici, ma anche selvaggi o comunque riferibili a un custode.

L’art. 2052 c.c., rubricato “Danno cagionato da animali” è estremamente chiaro nell’enunciare che:


“Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.


Il presupposto per il riconoscimento della responsabilità

Il presupposto per il riconoscimento della responsabilità per cagionato danno risiede dunque nella custodia o nell’uso dell’animale. L’argomento sembra essere trattato alla stessa stregua della custodia da cose. Identici sono infatti l’onere della prova per cui si può essere esentati da responsabilità solo se si prova il caso fortuito, e i presupposti delle due norme: in entrambi i casi rileva l’esistenza di un rapporto di custodia, con la differenza che nel primo caso la custodia riguarda oggetti inanimati e nel secondo caso gli animali.

Detenere l’animale da proprietario o spogliarsi di questa proprietà demandando ad altri l’uso o ancora servirsene tramite un terzo, rimanendo proprietari è un’annosa questione che risale al diritto romano e che si è evoluta con l’evolversi della società e dell’utilizzo che, oggi, facciamo degli animali. Sia che siano domestici oppure no, i principi sanciti dalla Corte di Cassazione sono vari e precisi e non registrano alcuna inversione di rotta o contrasti giurisprudenziali.

Le pronunce giurisprudenziali che hanno sancito i principi di responsabilità

A tal proposito, tra le pronunce più significative non possiamo non annoverare quella della Corte di Cassazione, III sez. civ., n. 12392 del 2016, secondo la quale:

“L’art. 2052 c.c., radica la responsabilità del proprietario dell’animale (o di chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso) sulla mera relazione di proprietà o di utilizzo dell’animale, nonché sul nesso causale tra il comportamento dell’animale e l’evento dannoso. Fornita la prova di questi due elementi, il convenuto può andare esente da responsabilità – che è di natura oggettiva e prescinde, quindi, dalla colpa – solo dimostrando il caso fortuito, costituito da un fattore esterno, che può essere anche il fatto del terzo o il fatto addebitabile esclusivamente allo stesso danneggiato. Dunque, in base alla disciplina di cui all’art. 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra l’animale e l’evento lesivo, mentre la prova del fortuito è a carico del proprietario o custode dell’animale.”

Un principio sancito dalla Suprema Corte sin dal 2010, tra le tante, è possibile confrontare la sent. Cass. civ., 28 luglio 2014, n. 17091.

Il tutto fa capo ad un elemento di fatto, imprescindibile: il governo dell’animale, fonte dell’eventuale addotta responsabilità oggettiva, che chi giudica ha il compito di verificare in concreto e caso per caso.

Il principio è stato ribadito dalla Cassazione con la sentenza n. 5825/2019, che sembra ormai mettere un punto al dibattito insorto negli anni sulla natura della responsabilità del danno cagionato da animali domestici.

Quali sono gli obblighi per il proprietario di un animale o per chi ne detiene la custodia?

Una volta capita l’esatta logica del Legislatore che ha, tra l’altro, configurato un reato – quello di lesioni – con relative sanzioni previste dal codice penale e responsabilità risarcitoria, ad esempio per il proprietario del cane che morde, è più semplice individuare i doveri.

Tra questi, rientra sicuramente:

  • Obbligo di vigilanza;
  • Obbligo di custodia;
  • Governo dell’animale;

questi comportamenti possono prevenire l’evento dannoso correlato al comportamento dell’animale ed evitare la responsabilità di chi lo detiene. Salvo, ovviamente, il caso fortuito. Non influisce, invece, il comportamento dell’eventuale danneggiato. Ciò significa che non ha rilievo che la vittima possa aver tenuto un atteggiamento che abbia in qualche modo contribuito a scatenare l’aggressività dell’animale, perché l’obbligo di protezione e controllo si estende ai comportamenti imprudenti altrui, in quanto la colpa della vittima che tenga un comportamento imprudente può, al più, concorrere con quella del garante ma non eliderla (Cass. pen., Sez. IV, 30/06/2022, n. 37183).

Bisogna, tra l’altro e sempre tenere a mente che: “In tema di danno cagionato da animali, la responsabilità del proprietario dell’animale, prevista dall’art. 2052 cod. civ., costituisce un’ipotesi di responsabilità oggettiva, fondata non sulla colpa, ma sul rapporto di fatto con l’animale. Ne consegue che al proprietario (o all’utilizzatore) dell’animale che ha causato il danno, per andare esente da responsabilità, non è sufficiente fornire la prova negativa della propria assenza di colpa, ma deve fornire la prova positiva che il danno è stato causato da un evento fortuito (cioè imprevedibile, inevitabile, assolutamente eccezionale)”. (Massima redazionale sent. n. 528 del 02/07/2022 del Trib. Lamezia Terme.

Chi è, dunque, il responsabile per i danni cagionati da animali domestici?

Il proprietario o chi ne è il custode o utilizza l’animale. Affinché le norme di riferimento – gli artt. 2052 c.c. e 2043 c.c. – con gli eventuali risvolti penale del caso trovino applicazione, vi deve essere la sussistenza dei presupposti indicati.

Vi deve essere in maniera essenziale e imprescindibili il collegamento causale tra il fatto dell’animale e il danno.

Inoltre, deve essere notorio e comprovato il rapporto di proprietà o di utenza dell’animale. In tali casi, le responsabilità del proprietario e dell’utente sono da considerarsi alternative; se colui che usa l’animale non è il proprietario, del danno risponderà in primo luogo l’utente (o comunque il custode, a seconda della teoria che si voglia accogliere) e solo secondariamente il proprietario.

Bisogna, inoltre, sempre tenere in considerazione la circostanza dell’abbandono: la responsabilità è accollata al proprietario anche se l’animale viene abbandonato.

Discorso diverso vale per quegli animali che circolino liberi nel territorio dello stato. Secondo la Legge 968/1977, gli animali selvaggi sono acquisiti al patrimonio indisponibile dello Stato e quindi non possono considerarsi res nullius. Pertanto, sarà responsabile lo Stato per i danni da essi cagionati con applicazione dell’articolo 2043 proprio perché lo Stato non può avere controllo assoluto sugli animali liberi sul territorio (si pensi a cinghiali o branchi di lupi).

Consultare un avvocato specializzato, può essere essenziale per esigere i propri diritti ed esplicare i propri doveri. Rivolgiti ai migliori avvocati specializzati del team di Consulcesi and partners!

In ogni caso in cui abbiamo subito un danno, inoltre, non dobbiamo dimenticare che è diritto chiedere risarcimento per il danno subito.

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