Caos guardie mediche: oculisti e chirurghi estetici nei reparti Covid.

L’allarme dei legali C&P: «Non rispettate procedure di appropriatezza delle cure, gravi conseguenze su medici e pazienti»

 

Oculisti in servizi pneumologici, geriatri che devono fare servizi di emergenza e valutazione, chirurghi estetici nei reparti Covid: è lo spaccato di quel che sta accadendo negli ospedali di tutta Italia. A lanciare l’allarme è Consulcesi & Partners network legale specializzato in sanità: «Seppur dettata da un’ emergenza sanitaria, questa situazione oltre a generare potenziali violazioni delle regole che presiedono l’organizzazione del servizio interdivisionale, decuplicano i rischi di avveramento di potenziali eventi avversi, con evidenti ripercussioni sia sul medico, che si trova ad operare in situazioni estranee alla sua sfera di specializzazione, sia sul paziente che, di fatto, potrebbe ricevere cure inappropriate e potenzialmente dannose».

Il servizio di Guardia Medica interna interdivisionale è svolto da medici di differenti specialità allo scopo di garantire 24 ore su 24 l’assistenza ai pazienti ricoverati nei vari reparti. E sempre più strutture ospedaliere, per far fronte alla carenza di personale medico, ne fanno eccessivo e non sempre appropriato ricorso per assicurare la continuità assistenziale notturna nei giorni feriali e festivi. Denuncia l’Avv. Marco Croce dell’omonimo studio legale, partner del network C&P: «Stiamo ricevendo una serie di richieste di consulenza da parte di medici che, dai più disparati ambiti territoriali, segnalano l’abuso dello strumento della guardia interdivisionale, per cui si ritrovano a ricoprire turni in aree cliniche rispetto alle quali non hanno alcuna competenza specifica».

Il servizio di Guardia Medica, ricordano i legali C&P, viene disciplinato dall’art. 16, del c.c.n.l. 3 novembre 2005 che regolamenta, tra l’altro, la scelta della guardia medica che deve appartenere ad unità operative di aree funzionali omogenee. Tutto ruota sull’interpretazione, più o meno ampia, che si intende riconoscere al concetto di “aree funzionalmente omogenee”, di regola rimessa alla regolamentazione assunta a livello aziendale sulla base dei criteri direttivi regionali. «Il problema è che dalle segnalazioni che stiamo ricevendo, – aggiunge l’Avv. Croce – il criterio di omogeneità in alcuni casi è completamente disatteso ponendosi in palese conflitto con il principio di appropriatezza delle cure sanitarie».

L’emergenza Covid-19 ha ulteriormente acuito il problema perché le strutture sanitarie sempre più spesso stanno ricorrendo a questa modalità che in molti casi non viene nemmeno formalizzata in specifici ordini di servizio scritti, aggravando ancora di più la posizione dei medici che, in caso di responsabilità professionale, non avrebbero nemmeno modo di dimostrare di aver svolto una determinata attività sulla base di un’indicazione della struttura sanitaria. «Affinché il medico possa essere tutelato occorre sempre che vi sia un ordine di servizio scritto, nei casi più gravi inoltre è possibile agire per ottenere un’esenzione dalla guardia in conformità con la legge sulla sicurezza e l’appropriatezza delle cure» concludono i legali C&P.

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