Cosa cambia con la sentenza sul doppio cognome ai figli?

La Corte Costituzionale ritiene “discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre”. È l’ultima pronuncia dei sulla legittimità costituzionale riguardante le norme dell’ordinamento italiano che regolano l’attribuzione del cognome ai figli. In particolare, la Corte si è pronunciata sulla norma che non consente ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e su quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre, anziché quello di entrambi i genitori, ribaltando la prassi e stabilendo che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due.

In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico. La Corte ha, dunque, dichiarato l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi.

Si è trattata di un’auto-interrogazione della Corte Costituzionale che si è interrogata proprio sulla norma e ha deciso sulla propria ordinanza di auto-remissione, la n. 18 del 2021, con la quale ha scalfito la rigidità della regola sull’attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane e ci svelerà i dettagli di questa importante decisione.

Perché la regola è considerata incostituzionale?

In sostanza, secondo gli Ermellini, le norme censurate sarebbero considerate illegittime perché lesive degli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione Italiana, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

In particolare:

  • L’art. 2 Cost. sancisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nella collettività, stabilendo anche il diritto all’autodeterminazione;
  • L’art. 3 Cost. delinea il principio di uguaglianza formale e sostanziale;
  • L’art. 117, comma I Cost. che stabilisce i limiti della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, nel rispetto dei principi costituzionale e dai vincoli derivanti dall’Unione Europea e dagli obblighi internazionali.

Proprio su quest’ultima statuizione, nel caso di specie, vengono ribaditi due principi fondamentali sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU):

  • L’art. 8 CEDU che regolamenta il diritto al rispetto della privata e familiare;
  • L’art. 14 CEDU che emana il divieto di discriminazione.

Sui dettagli e sulla logica seguita dal Legislatore, però, si dovrà attendere il deposito della sentenza.

La pronuncia sul doppio cognome

Si tratta di un risultato storico, una piccola rivoluzione per gli avvocati che hanno portato il caso davanti alla Corte Costituzionale e una risposta all’annosa questione del solo cognome paterno come “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con il valore costituzionale dell’uguaglianza uomo donna”, come dichiarato dalla Consulta nel 2006. Un pronunciamento della Corte che è arrivato solo a seguito di un lungo percorso rimasto inascoltato dai vari governi che si sono succeduti. Solo nel 2016, si stabilì la possibilità per un figlio o una figlia di ottenere il doppio cognome, ma non prima di aver ricevuto una condanna da parte della Corte dei diritti umani nel 2014 proprio su questo tema. E altri sei per raggiungere il verdetto della Consulta, comunicato il 27 aprile del 2022, che riconosce finalmente la parità dei diritti genitoriali tra uomo e donna. Ora “è compito del legislatore regolare tutti gli aspetti connessi alla presente decisione”. La sentenza con le motivazioni – relatrice è la giudice Emanuela Navarretta – sarà depositata nelle prossime settimane.

Il commento di C&P

In qualità di operatore del diritto e giuristi attenti alle necessità che quotidianamente hanno bisogno di attenzione da parte del Legislatore, il team di Consulcesi & Partners non ha potuto fare a meno di riflettere sulla pronuncia storica. Imprescindibile risulta il valore di questa pronuncia della Corte Costituzionale che evidenzia l’importanza dell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea come parte integrante della nostra realtà politica e sociale. Non solo. Quanto stabilito è il protrarsi di quella libertà che si fa tale solo dinnanzi a un’idea di civiltà sostanziata dal libero agire storico degli uomini che ha dato vita al diritto dello Stato e al concetto di Stato stesso. Da filosofi a giuristi, da scienziati a teologici, tutti hanno considerato il valore diritto come strumento essenziale di interpretazione dei bisogni e come mezzo per attuare e sostanziare normative che altrimenti rimarrebbero lettera morta.  Ogni “pronuncia storica”, in tale contesto, assume un significato più ampio: quello del cambio di un’epoca che, però, ha bisogno necessariamente di interventi continui per perfezionarsi e rispondere al progresso civile dell’umanità. Cosa succederà adesso: il figlio avrà due cognomi e il nipote quattro? Come si declinerà il codice fiscale?

Sono domande secondarie, a fronte del trionfo di quel diritto alla bi-genitorialità che si esercita anche con il doppio cognome, di fronte alla parità uomo-donna e al diritto di potersi esprimere in coppia, di essere entrambi consapevoli sull’identità del proprio figlio.

 

 

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