Con l’ordinanza n. 19767/2020, la Corte di Cassazione si è nuovamente espressa circa i principi che possono legittimare la richiesta di riduzione della Tari a fronte del mancato adempimento, nonché di gravi carenze nell’effettuazione del servizio stesso da parte dell’Ente preposto.
Per evitare equivoci la Suprema Corte ha precisato innanzitutto che il tributo è dovuto indipendentemente dal fatto che l’utente utilizzi il servizio di smaltimento dei rifiuti. Infatti, tale prelievo è necessario per porre le amministrazioni locali nelle condizioni di soddisfare interessi generali della collettività, e non per fornire, prestazioni riferibili a singoli utenti. Da ciò deriva, pertanto, che l’omesso svolgimento, da parte del Comune del servizio di raccolta, sebbene istituito ed attivato, nella zona ove è ubicato l’immobile a disposizione dell’utente, comporta non già l’esenzione totale dal tributo, bensì la conseguenza che sia dovuto ma in misura ridotta.
La legge n. 147/2013 prevede alcune ipotesi in cui è possibile invocare la riduzione.
La Tari è dovuta nella misura massima del 20 % della tariffa, in caso di:
La Tari è dovuta in misura non superiore al 40% della tariffa nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, anche in maniera graduale, in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita.
Dunque, la Corte di Cassazione conclude sottolineando che al verificarsi delle condizioni oggettive descritte dalla norma, le riduzioni saranno comunque sempre applicabili, posto che rimarrà a carico del contribuente la prova della sussistenza dei requisiti necessari per la riduzione e che comunque in nessun caso sarà possibile una totale esenzione.