Responsabilità professionale: quando l’azienda sanitaria può richiedere al medico le somme versate al paziente danneggiato?

Prima dell’entrata in vigore della legge n. 24/17, nota con il nome di Legge Gelli-Bianco, nella gestione dell’azione di rivalsa per danno erariale indiretto, il medico dipendente pubblico veniva coinvolto soltanto nel momento in cui, effettivamente, l’azienda aveva provveduto ad assumere l’onere economico del risarcimento dovuto ad un accertato caso di responsabilità, che lo vedeva potenzialmente coinvolto. Il professionista poteva trovarsi a ricevere, magari a distanza di molti anni, una richiesta economica per danno erariale, da parte dell’azienda sanitaria corrispondente alle somme versate al danneggiato, presupponendo così la colpa grave del medico nella vicenda.

Quali novità sono state introdotte dalla nuova normativa quali tutele sono previste per il professionista sanitario? L’azienda è sempre titolata a rivalersi sul sanitario e quest’ultimo si può opporre alla richiesta di rivalsa per danno erariale? Ne abbiamo parlato nell’ultimo appuntamento del ciclo di webinar trasmessi sul nostro canale Facebook “Caffè con Consulcesi & Partners”, dal titolo Responsabilità Medica e Danno erariale: novità e tutele per i professionisti”, con il nostro esperto avv. Francesco Del Rio, che ha approfondito le conseguenze giuridiche della legge, fornendo alcuni suggerimenti utili per poter affrontare adeguatamente queste situazioni senza correre rischi evitabili.

 

La procedura prima della Legge Gelli  

In merito alla cosiddetta azione di rivalsa per danno erariale, la giurisprudenza contabile ha affermato, in modo piuttosto consolidato, che la prescrizione inizia a decorrere soltanto dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, ossia dalla data di emissione del titolo di pagamento (da parte dell’azienda) a favore del terzo danneggiato (paziente), poiché soltanto da questo momento si realizza l’effettivo depauperamento del patrimonio dell’amministrazione pubblica ed è conseguentemente possibile chiedere il rimborso al dipendente presunto responsabile.

Questa procedura comportava che il sanitario rimanesse, per anni, completamente all’oscuro di tutti gli accadimenti connessi alla richiesta risarcitoria formulata dal paziente, alle trattative ed all’eventuale contenzioso scaturito con l’azienda datrice di lavoro, di fatto il suo coinvolgimento assumeva rilievo giuridico soltanto nel momento in cui la struttura avesse materialmente sostenuto una spesa a causa di un fatto che lo vedeva materialmente coinvolto.

Con l’avvento della legge n. 24/17, il panorama è completamente mutato producendo, da un lato, una maggiore efficienza e trasparenza della macchina amministrativa, con relativo coinvolgimento (positivo) del sanitario potenzialmente coinvolto, ma allo stesso tempo provocando una serie di conseguenze non sempre piacevoli e, in ogni caso, giuridicamente rilevanti per il medesimo dipendente.

 

Art. 13 della l. 24 del 2017

La legge Gelli ha dunque introdotto delle modifiche piuttosto rilevanti.

Obbligo di comunicazione all’esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità

  1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui all’articolo  7, comma 1, e le imprese di  assicurazione  che  prestano  la  copertura assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 10, commi 1  e  2,   comunicano   all’esercente   la   professione  sanitaria l’instaurazione  del  giudizio  promosso  nei  loro   confronti   dal danneggiato, entro quarantacinque giorni dalla  ricezione  della notifica   dell’atto   introduttivo,   mediante   posta   elettronica certificata  o  lettera  raccomandata  con  avviso   di   ricevimento contenente copia dell’atto introduttivo del  giudizio. 

Le strutture sanitarie e sociosanitarie e le imprese di assicurazione entro quarantacinque giorni comunicano all’esercente la   professione sanitaria, mediante posta   elettronica   certificata   o   lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l’avvio di   trattative stragiudiziali con il danneggiato, con invito a prendervi parte.

L’omissione, la tardività o l’incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all’articolo 9.

 

In estrema sintesi è stato introdotto l’obbligo per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche o private, nonché per i rispettivi istituti assicuratori, di inviare all’esercente la professione sanitaria una comunicazione formale – e quindi a mezzo Pec o raccomandata r.r. – con cui costui venga reso edotto del fatto che sono in corso delle trattative con il paziente danneggiato, ovvero che l’azienda ha ricevuto la notizia di un atto giudiziale con riferimento ad un trattamento da lui compiuto o, in altri casi, omesso.

Da sottolineare che l’eventuale omissione, tardività o incompletezza di questa comunicazione comporta, per l’Azienda sanitaria, la non irrilevante conseguenza della decadenza delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa, potenzialmente attivabili all’esito di una eventuale liquidazione con danaro pubblico.

Questa sanzione assume particolare rilievo dacché l’attività di provvedere al corretto e tempestivo adempimento formale previsto dall’art. 13 della l. Gelli ricade, in ogni caso, sul personale amministrativo preposto alla gestione di questo incombente, con ogni conseguenziale riflesso in termini di responsabilità propria qualora la decadenza sia a sé imputabile.

Come ci si difende da una richiesta di risarcimento per responsabilità professionale?

 

La prassi “difensiva” nella gestione amministrativa delle comunicazioni ex art. 13 della L. Gelli

Come si può agevolmente intendere, ciò che prima rappresentava il tratto finale e (soprattutto) eventuale di un lungo percorso, è stato posto ora in una fase piuttosto anticipata ed in cui la situazione, anche in ragione della contrazione della tempistica degli adempimenti previsti dalla legge, risulta ancora in evoluzione, mancando (verosimilmente) ogni certezza sia su quanto accaduto, che sulle effettive responsabilità di coloro che hanno avuto in cura il paziente durante la degenza ospedaliera.

La ristrettezza del termine, lo scarso numero di risorse amministrative, la farraginosità dei flussi gestionali dei comitati di valutazione dei rischi insediati presso le strutture sanitarie, hanno quindi inesorabilmente comportato il ricorso ad una gestione che, parafrasando un termine abusato nel settore del risk management sanitario, potremmo definire “difensiva” rispetto a questa fase procedimentale, con un profluvio davvero imponente di comunicazioni a tutti gli operatori che, in qualsiasi modo, possono aver partecipato al trattamento incriminato dal paziente asseritamente danneggiato.

 

Quali problematiche deve affrontare il medico?

Come Consulcesi & Partners, nel corso di questi mesi abbiamo registrato numerosi contatti da parte di medici che si sono visti recapitare decine di comunicazioni del genere, addirittura per casi del tutto distanti rispetto alla loro specifica competenza, con conseguenze in termini di disagio professionale e psicologico di non poco conto.

In alcune occasioni, la comunicazione è talmente laconica da lasciare il destinatario privo di qualsiasi strumento necessario per comprendere quanto sta accadendo, mentre in altre occasioni si giunge addirittura a presagire, con assoluta intempestività, una possibile responsabilità per danno erariale ancora tutta da apprezzare finanche da parte dei comitati interni all’azienda. In alcune missive recapitate, oltre al contenuto previsto dall’art. 13 della L. Gelli, viene addirittura richiesto al sanitario dipendente di comunicare all’azienda, e con celerità, i dati della propria polizza assicurativa di responsabilità professionale, senza specificare la motivazione di una tale richiesta e, quindi, di valutarne la legittimità o meno.

È inoltre fondamentale ricordare che la ricezione di questa comunicazione assume decisivo rilievo anche in termini assicurativi, venendo a costituire quello che, nel mondo delle polizze di responsabilità professionale sanitaria e per colpa grave, viene definito “fatto noto”. Infatti, il sanitario è tenuto a mettere a conoscenza la propria compagnia assicurativa di tutte le comunicazioni ricevute così come, durante le trattative per la sottoscrizione di un nuovo contratto, dovrebbe compilare il predisposto questionario, notiziando puntualmente il futuro assicuratore dell’esistenza di queste potenziali pendenze.

È fin troppo evidente che, nel secondo caso, l’assicuratore potrà agevolmente proporre un prodotto, che esclude la copertura per i “fatti noti”, ovvero valorizzare adeguatamente il maggior rischio con un congruo aumento del premio proposto, mentre nel primo potrebbe usufruire della prima scadenza contrattuale utile per risolvere (come accaduto in taluni casi che stiamo gestendo) la polizza in corso, confidando nel fatto che la semplice comunicazione ex art. 13 della L. n. 24/17 non costituisce sinistro a termini di contratto, per poi opporre l’inefficacia della copertura allorché pervenga (spesso alcuni anni dopo) la notizia dell’effettiva richiesta di rivalsa.

 

Conclusioni

Dunque, quello che nell’intento del legislatore, voleva rappresentare un potenziale strumento di condivisione sinergica fra la struttura e il dipendente sanitario rispetto alle iniziative risarcitorie provenienti da terzi, consentendo a quest’ultimo di rimanere costantemente informato di tutto l’iter seguito nel caso che lo vedeva coinvolto, si è trasformato in un freddo automatismo comunicativo “autotutelante” che, lontano dalla lettura banalizzante proposta dagli Uffici aziendali, sta producendo inevitabili ripercussioni psicologiche sui sanitari che, già altamente stressati da condizioni di lavoro sempre più gravose, devono ora occuparsi anche della gestione di tutte queste comunicazioni attivando le necessarie tutele, anche assicurative, per non rischiare di veder compromessi i loro interessi economici e professionali.

Hai ricevuto una richiesta di rivalsa dall’azienda sanitaria per cui lavori? Un paziente ti ha fatto causa per negligenza professionale? Chiedi aiuto agli esperti del settore.

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