Le previsioni contenute nell’art. 2087 c.c. (Tutela delle condizioni di lavoro) trovano applicazione anche nel rapporto di lavoro pubblico, imponendo al datore di lavoro di proteggere la sfera psicofisica e morale del lavoratore.
L’adempimento di questa obbligazione non comporta soltanto un “non facere” del datore, ossia evitare che si realizzino condotte che possano nuocere all’integrità del lavoratore, quanto piuttosto nell’adozione “di tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Venendo in rilievo il contenuto di uno specifico ed autonomo obbligo contrattuale, ne consegue come la domanda di danno da infortunio sul lavoro sia regolata dal precetto sancito dall’art. 1218 c.c. per cui – come afferma la Corte dei Conti in una recente sentenza – il lavoratore dovrà allegare e provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa e del danno, oltre del nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro dovrà provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno.
A poco rileva il fatto che il lavoratore abbia riportato lesioni in occasione dello svolgimento della propria attività, “essendo necessaria la prova, tra l’altro, della nocività dell’ambiente di lavoro”. La responsabilità del datore di lavoro va quindi correlata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento. Sarà quindi il lavoratore – ripete il Consiglio di Stato nella sentenza n. 6963/2020 – “onerato della prova dell’effettiva sussistenza del danno, della nocività dell’ambiente di lavoro e della ricorrenza del nesso causale fra i due, per cui soltanto dopo che costui avrà fornito questa prova il datore di lavoro dovrà provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia o l’infortunio non siano ricollegabili alla inosservanza di tali obblighi”.