Le guardie interdivisionali sono un annoso problema delle strutture sanitarie dovuto essenzialmente alla carenza di personale.
Si tratta una modalità effettivamente regolamentata dall’art. 16, del c.c.n.l. 3 novembre 2005, secondo il quale: dall’art. 16, del c.c.n.l. 3 novembre 2005), secondo la quale “nelle ore notturne e nei giorni festivi, la continuità assistenziale e le urgenze/emergenze dei servizi ospedalieri e, laddove previsto, di quelli territoriali, sono assicurate, mediante:
La questione ruota intorno sull’interpretazione, più o meno ampia, che viene data al concetto di “aree funzionalmente omogenee”, che di regola viene rimessa alla regolamentazione assunta a livello aziendale sulla base dei criteri direttivi regionali (art. 9, co. 1, lett. g) del c.c.n.l. 3 novembre 2005).
Inoltre, il criterio dell’omogeneità delle aree, se non è rinvenibile sulla base degli atti di organizzazione interna dell’azienda ospedaliera o delle linee guida regionali, potrebbe ricercarsi in via interpretativa sulla base dei criteri di affinità ed equipollenza delle discipline mediche, sebbene il suddetto concetto di area funzionale omogenea abbia un significato più vasto rispetto al criterio della disciplina di appartenenza potendo essere assimilato alla nozione di dipartimento “specialistico”.
Dunque, in base alla norma un medico potrebbe trovarsi a svolgere la sua attività in aree differenti rispetto alla sua specializzazione, ma comunque in qualche maniera funzionalmente omogenee. Nella realtà dei fatti però il concetto di omogeneità delle aree non è univoco e spesso non è rinvenibile sulla base degli atti di organizzazione interna o delle linee guida regionali ed il risultato è che talvolta i medici vengono spostati in aree senza alcuna attinenza con la loro specializzazione; tale circostanza è preoccupante sia per il medico che si trova a svolgere attività per le quali ha molto spesso una preparazione meno che basica e per il paziente che viene curato in queste circostanze.
L’emergenza Covid-19 ha ulteriormente acuito il problema perché le strutture sanitarie sempre più spesso stanno ricorrendo a questa modalità che in molti casi non viene nemmeno formalizzata in specifici ordini di servizio scritti, aggravando ancora di più la posizione dei medici che, in caso di responsabilità professionale, non avrebbero nemmeno modo di dimostrare di aver svolto una determinata attività sulla base di un’indicazione della struttura sanitaria.
Dunque, affinché il medico possa essere tutelato occorre sempre che vi sia un ordine di servizio scritto, nei casi più gravi inoltre è possibile agire per ottenere un’esenzione dalla guardia in conformità con la legge sulla sicurezza e l’appropriatezza delle cure.