Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza n. 9877/2024) ha ribadito un principio fondamentale per tutti i dipendenti pubblici – anche quelli che ricoprono ruoli apicali:
in caso di cessazione dal servizio, l’indennità per ferie non godute spetta sempre, a meno che non sia il datore di lavoro a dimostrare il contrario.
Le ferie sono un diritto inviolabile sancito da:
Se il dipendente pubblico non riesce a usufruire delle ferie per ragioni indipendenti dalla sua volontà, ha diritto alla monetizzazione in forma di indennità sostitutiva.
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Un tema delicato è quello dei dirigenti apicali della PA: direttori generali, sanitari, dirigenti medici, ecc. Alcuni enti pubblici sostengono che, avendo facoltà di autodeterminarsi le ferie, non possano richiedere l’indennità.
La Cassazione ha smentito questa interpretazione con la sentenza n. 9877/2024, stabilendo che:
“Anche il direttore di Unità Ospedaliera Complessa ha diritto all’indennità sostitutiva delle ferie non godute, a nulla rilevando il suo potere di autodeterminazione.”
Il passaggio cruciale della sentenza riguarda l’onere della prova.
Se questo non accade, l’indennità è dovuta per intero.
Questo principio, già affermato dalla Corte di Giustizia UE, è stato pienamente recepito anche dalla giurisprudenza italiana.
Se sei un dirigente sanitario o pubblico e hai cessato il servizio (pensionamento, dimissioni, mobilità), hai pieno diritto a chiedere l’indennità per ferie non godute, senza dover fornire prove.
È l’Amministrazione a dover dimostrare il contrario. In mancanza di tale prova, il tuo diritto è valido e azionabile legalmente.
Stiamo già tutelando decine di dirigenti pubblici che si sono visti negare l’indennità, spesso con motivazioni illegittime.
Il nostro network legale ha già ottenuto vittorie in tutta Italia, anche grazie a questa sentenza della Cassazione.