È ancora molto sentita la tematica della tutela del diritto a percepire il trattamento economico spettante per le funzioni superiori svolte dai Medici investiti della responsabilità dirigenziale di una struttura complessa di un’Azienda o Ente del Servizio Sanitario pubblico, pur in assenza di un provvedimento formale di conferimento del relativo incarico.
Con riguardo a tale tematica, pendono attualmente davanti alla Suprema Corte alcuni contenziosi, anche con il patrocinio dello scrivente avv. Marco Croce, sulla base della perorata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 della Costituzione e dell’art. 52 del Decreto Legislativo n. 165/2001 recante il Testo Unico sul pubblico impiego.
Dunque, laddove sia pacifica la preposizione di un Medico a Responsabile di una struttura qualificata come “complessa”, risulta incongruo negare il riconoscimento del diritto del Medico a percepire le spettanze differenziali inerenti alle funzioni apicali obiettivamente esercitate in tutto il periodo in considerazione.
Tale diniego è stato ancorato, anche in più sentenze, alla tesi secondo cui nel pubblico impiego privatizzato, segnatamente con riferimento alla dirigenza medica in forza al Servizio Sanitario pubblico, sussisterebbe un unico livello su cui indifferenziatamente si collochino tutti i Medici dirigenti dipendenti delle strutture ospedaliere pubbliche; con il corollario che non avrebbe rilievo lo svolgimento delle funzioni apicali, allorché non accompagnato dal formale conferimento dell’incarico ad esse corrispondente.
Orbene, laddove tale posizione divenisse irreversibile, di fatto si autorizzerebbe una sorta di disapplicazione dell’art. 36 della Costituzione, ove si stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di retribuire le prestazioni del lavoratore in conformità alla loro quantità e qualità.
Non si rinviene, invero, alcuna norma della contrattazione collettiva né della legislazione inerente alle Pubbliche Amministrazioni che legittimi l’omissione del versamento del trattamento economico specifico ai Dirigenti Medici preposti alle strutture complesse del Servizio Sanitario Nazionale.
Giova osservare che nel diritto del lavoro la concretezza del fatto prevale sul nomen iuris tendenziosamente attribuito dal datore di lavoro all’incarico svolto dal lavoratore.
Nel caso in esame, per il fatto stesso che le funzioni apicali siano state svolte dal Medico per un rilevante periodo, non si tratta del fenomeno della mera “sostituzione” del Primario, oggi denominato Direttore di struttura complessa, per una episodica assenza per malattia ovvero per un altro impedimento transitorio del medesimo Primario/Direttore della struttura complessa.
In altri termini, non può una ASL avvalersi delle funzioni apicali – magari (come spesso riscontrato nella realtà dei fatti) per molti anni – e non retribuirle: pena la violazione del superiore principio costituzionale di cui al sopra richiamato art. 36.
Il Direttore di struttura complessa adempie, per qualità e quantità, nonché per intrinseca responsabilità, funzioni ed incombenti sideralmente più coinvolgenti e impegnativi rispetto a quelli assolti dagli altri Medici adibiti alla medesima struttura.
Tanto per fare alcuni esempi fra i plurimi compiti assegnati:
Tutto questo in permanente e diretta comunicazione con la Direzione Amministrativa e Strategica dell’Azienda Sanitaria pubblica di riferimento.
Escluso, in definitiva, per i motivi finora considerati, che possa trovare applicazione, nei confronti del Medico in questione, la norma contrattuale in tema di sostituzione temporanea del direttore di struttura complessa, deve richiamarsi l’operatività dell’art. 36 della Costituzione e dell’art. 52 del D. Lgs. n. 165/2001.
Soccorre, al riguardo, l’orientamento della Corte di Cassazione, seppur espresso con riferimento a diverso comparto di contrattazione, secondo cui “Nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato, la rilevanza delle specifiche caratteristiche delle posizioni organizzative a livello dirigenziale e delle relative attribuzioni regolate dal contralto di incarico non impedisce l’applicazione della disciplina relativa all’esercizio dell’espletamento di fatto di mansioni superiori”, con il corrispondente diritto al relativo trattamento economico, pur se, a tal fine, non è sufficiente il provvedimento di incarico, occorrendo invece l’allegazione e la prova della pienezza delle mansioni assegnate, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, in relazione alle concrete attività svolte e alle responsabilità attribuite” (Cass. 19/4/2007 n, 9328; cfr., altresì, le più recenti Cass. 11/6/2009 n. 13597 e 30/12/2009 n. 27887).
Tali nitidi principi sono stati ribaditi molto di recente dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 20685 del 29.9.2020 in riferimento all’art. 36 Cost .
In ultima analisi, la mancata erogazione delle spettanze correlate a tutte le attività apicali sopra ricordate, fondata sulla mera assenza dell’atto di conferimento dell’incarico, non può affatto giustificare il rigetto della domanda del Medico volta a percepire il trattamento economico spettante per le funzioni superiori svolte.