Clausole di manleva imposte dalla Casa di Cura al medico professionista? Il Tribunale di Milano conferma la nullità, ma il medico professionista non si salva comunque.
La Casa di Cura, nel tentativo di ribaltare sul professionista l’ammontare del risarcimento dovuto al paziente per un improprio trattamento dentario, presso il Tribunale di Milano svolgeva tre distinte ed alternative domande di regresso, di cui la prima fondata sull’applicazione di una specifica clausola contrattuale del seguente tenore:
“il dottore assume a proprio carico la responsabilità inerente alle proprie prestazioni professionali eseguite e dovrà garantire la copertura di tali rischi mediante polizza assicurativa di responsabilità civile professionale. Gli oneri di detta polizza saranno a carico del dottore. Il massimale di detta polizza non potrà essere inferiore a 400.000,00 euro, sarà fatto obbligo al dottore di consegnare in copia, quale condizione essenziale per prestare la propria attività, polizza in corso di validità, nonché copia di avvenuto pagamento del premio, ovvero esibire nuova polizza alla scadenza della stessa.”
Posto che il rilievo di nullità di una clausola contrattuale può discendere anche dall’iniziativa autonoma del magistrato, nel caso concreto la stessa è stata affermata per due ordini di ragioni:
L’aver previsto che il professionista deve manlevare la struttura per tutte le prestazioni professionali svolte determina l’impossibilità di definire lo specifico contenuto dell’obbligo, poiché l’attività del medico è così complessa e variegata che un’enunciazione così generica rende completamente vaga, in violazione dell’art. 1346 c.c., l’individuazione preventiva delle conseguenze patrimoniali dell’impegno assunto.
A tal riguardo, il Giudice rileva altresì un evidente squilibrio tutto favore della struttura sanitaria e senza alcun significativo interesse da parte del medico che, accettando questa clausola, si è trovato ad assumere un obbligo senza alcun vantaggio diretto.
Questa impostazione non supera la valutazione di meritevolezza prevista dall’art. 1322 c.c., poiché non costituisce altro che la mera traslazione delle conseguenze patrimoniali dalla parte forte a quella economicamente più debole, in assenza di qualsiasi contropartita positivamente apprezzabile.
Inoltre – aggiunge il Tribunale in un inciso riferito alla ratio sottesa alla Legge Gelli – questa traslazione pattizia degli effetti economici del risarcimento, comporterebbe che l’unico rischio assunto dalla struttura diverrebbe, per ciò solo, quello dell’insolvenza del professionista.
Così facendo, verrebbero quindi completamente snaturati gli effetti della riforma prevista dalla Legge Gelli in quanto il medico professionista, che dovrebbe rispondere del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 c.c., “tornerebbe, in virtù delle previsioni del contratto di manleva, a rispondere, sia pur per effetto del patto, e nell’ambito del rapporto interno di garanzia medico-struttura, in via mediatamente contrattuale” (Trib. Milano n. 10876/2019 del 26/11/2019).
Diverso il discorso per l’azione di regresso esercitata ex art. 2055 c.c., in virtù del vincolo di solidarietà sussistente fra medico e struttura, per cui il medico veniva condannato a tenere indenne la Casa di Cura nella misura del 50% del risarcimento liquidato al paziente.
La clausola dunque è nulla, ma il medico comunque dovrà dividere con la struttura il peso del risarcimento al paziente.