Canone di locazione: quali tutele in caso di ritardo nel pagamento?

Del ritardo nel pagamento dei canoni di locazione si è parlato moltissimo durante il periodo pandemico, quando a causa del lockdown e della crisi economica conseguente, in molti non sono riusciti a pagare in tempo l’affitto.

A tal proposito, parecchie sono state le pronunce sul tema e gli interventi governativi per arginare il fenomeno. A cominciare dal rimborso dei canoni di locazione per i locali commerciali fino alla riduzione e/o restituzione dei canoni.

Il problema del ritardo nel pagamento dei canoni, però, è annoso a prescindere dai periodi, tanto da far nascere i peggiori contenzioni tra locatari e conduttori.  Due sono i fenomeni più assidui: il mancato pagamento del canone d’affitto e delle spese condominiali ordinarie (accessorie), che di norma sono a carico dell’inquilino.

Dalla diffida allo sfratto: cosa prevede la legge se l’inquilino non paga? 

Per le locazioni abitative, la legge prevede un’attesa di 20 giorni nel caso di ritardo nel pagamento del canone locatizio. Già al ventunesimo giorno, se la morosità persiste, il locatore può inviare una diffida di pagamento tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o a mezzo PEC.  Il perseverare nell’inadempienza può comportare l’avvio di uno sfratto per morosità.


Con l’art. 5 della L. 27 luglio 1978 n. 392 il legislatore ha stabilito che il mancato pagamento del canone di locazione entro venti giorni dalla scadenza prevista contrattualmente, costituisce una violazione di tale gravità da legittimare il locatore a richiedere al giudice la risoluzione del contratto per morosità del conduttore, con conseguente condanna dell’inquilino alla restituzione dell’immobile.

La norma prevede che motivo di risoluzione del contratto sia anche il mancato pagamento degli oneri accessori, che sono costituiti principalmente dalle spese relative ai servizi comuni condominiali, quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone.


Nel caso in cui si riveli necessario lo sfratto per morosità, allora il locatore dovrà notificare, tramite l’avvocato di fiducia, l’intimazione a presentarsi davanti al Giudice competente allo scopo di ottenere l’accertamento dell’inadempimento del conduttore e la condanna al rilascio dell’immobile. In tal caso, possono verificarsi due ipotesi:

–        il conduttore non si presenta in udienza

allora il Giudice verificherà la regolarità formale degli atti e convaliderà lo sfratto per morosità, sciogliendo il contratto di locazione per fatto e colpa del conduttore. Contemporaneamente, verrà fissata la data in cui l’inquilino dovrà sgombrare l’immobile.

–        il conduttore si presenta in udienza

anche in questo caso, il conduttore può non contestare la propria morosità ed effettuare il pagamento dei canoni o degli oneri dovuti, maggiorati degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice. Così, la morosità viene sanata e il rapporto di locazione prosegue inalterato tra le parti.

Il nostro ordinamento giuridico e in particolare l’art. 55 della legge 27 luglio 1978 n. 392 prevede che per comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, il giudice possa assegnare al conduttore un termine non superiore a giorni novanta per sanare la morosità e rinviare la procedura ad altra udienza al fine di verificare se il conduttore provveda effettivamente al pagamento nel termine concesso. Il termine viene detto “di garanzia”.

Diversamente, il conduttore può presentarsi in udienza e opporsi alle richieste del locatore contestandone la fondatezza, ad esempio negando la morosità e la somma pretesa dal locatore. Questo obbliga il giudice a trasformare il procedimento sommario di convalida di sfratto per morosità in un giudizio ordinario, nel corso del quale entrambe le parti dovranno fornire al giudice le prove delle rispettive pretese e che si concluderà con una vera e propria sentenza, alla quale può seguire addirittura l’esecuzione per rilascio dell’immobile, con l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario.

La non corresponsione del canone può essere esercizio abusivo del diritto 

Da ultimo e in tema di locazione, la Corte di Cassazione con sentenza n. 16743/2021 ha enunciato il principio di diritto secondo il quale:

il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. legittima in punto di diritto l’insorgenza in ciascuna parte dell’affidamento che, anche nell’esecuzione di un contratto a prestazioni corrispettive ed esecuzione continuata, ciascuna parte si comporti nella esecuzione in buona fede, e dunque rispettando il correlato generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, anche a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere generale del “neminem laedere”; ne consegue che in un contratto di locazione di immobile ad uso abitativo l’assoluta inerzia del locatore nell’escutere il conduttore per ottenerne il pagamento del corrispettivo sino ad allora maturato, protrattasi per un periodo di tempo assai considerevole in rapporto alla durata del contratto, e suffragata da elementi circostanziali oggettivamente idonei a ingenerare nel conduttore un affidamento nella remissione del diritto di credito da parte del locatore per facta concludentia, la improvvisa richiesta di integrale pagamento costituisce esercizio abusivo del diritto”.

Ciò significa che il termine di 20 giorni e l’immediato intervento successivo da parte del locatore sono essenziali ai fini dell’esercizio del diritto e che ritardare nella richiesta di pagamento si può tradurre in esercizio abusivo del diritto!

Consultare un avvocato specializzato può essere essenziale per esigere ed esplicare i propri diritti.

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