Buoni pasto, le ultime sentenze spianano la strada ai risarcimenti

Nelle ultime settimane diverse pronunce dei tribunali italiani stanno consolidando un principio fondamentale: gli operatori sanitari hanno diritto ai buoni pasto anche se lavorano in turni in cui la mensa aziendale è chiusa. A confermarlo sono tre sentenze recenti – Cosenza, Macerata e Bologna – che aprono la strada a richieste di risarcimento danni per importi anche molto significativi.

Il Tribunale di Cosenza: anche chi lavora di notte ha diritto al buono pasto

In una storica sentenza, il Tribunale di Cosenza ha riconosciuto che gli infermieri e gli operatori sanitari hanno diritto al buono pasto anche durante i turni notturni, laddove non sia possibile usufruire del servizio mensa. Il giudice ha stabilito che il buono pasto non è legato esclusivamente all’orario canonico di pranzo, ma costituisce un diritto accessorio a prescindere dall’orario del turno, purché siano rispettate le condizioni contrattuali.

Dal Tribunale di Macerata oltre 40.000 euro di risarcimento per buoni mai erogati

Un altro precedente importante arriva da Camerino, dove 30 infermieri dell’AST locale hanno ottenuto un risarcimento complessivo di oltre 40.000 euro per i buoni pasto non erogati nei turni pomeridiani, notturni e festivi tra il 2018 e il 2022.
Il Tribunale di Macerata ha favorito un accordo tra le parti, riconoscendo che, in assenza della mensa, l’azienda avrebbe dovuto erogare i buoni pasto previsti dalla contrattazione. L’accordo – pari all’80% delle somme richieste – è stato giudicato equo e rappresenta un precedente replicabile anche in altri contesti sanitari.

La storica sentenza a Bologna: anche gli impiegati amministrativi possono ottenere il risarcimento

Già nei mesi scorsi, una pronuncia del Tribunale del Lavoro di Bologna aveva riconosciuto il diritto ai buoni pasto a una dipendente amministrativa di un ente sanitario, con un risarcimento di circa 4.000 euro. La sentenza ha sottolineato come il diritto al buono pasto non possa essere negato per mere ragioni organizzative o amministrative, se il dipendente presta regolare servizio in presenza.

Hai diritto al risarcimento per i buoni pasto mai ricevuti?

Molti dipendenti pubblici e sanitari – infermieri, dirigenti medici, personale amministrativo – non hanno mai ricevuto i buoni pasto previsti dai contratti collettivi o dalla contrattazione decentrata. La mancata erogazione costituisce un danno patrimoniale risarcibile, ma spesso ignorato o sottovalutato.

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👨‍⚖️ Cosa prevede il servizio:

  1. Verifica della tua situazione lavorativa e dei presupposti per il risarcimento;
  2. Valutazione della prescrizione e ammontare potenziale delle somme recuperabili;
  3. Indicazione della possibilità di agire legalmente o con una soluzione extragiudiziale;
  4. Assistenza a cura di avvocati esperti in diritto del lavoro pubblico e sanitario.

Requisiti per accedere ai buoni pasto: cosa c’è da sapere

Il personale sanitario delle aziende pubbliche ha dunque diritto a godere di buoni pasto sostitutivi al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • L’orario di lavoro giornaliero ecceda le sei ore
  • Non sia possibile per il dipendente fruire del servizio mensa o di un altro servizio sostitutivo presso la sede di lavoro

A tale proposito, vale osservare come, oltre all’assenza del servizio mensa, vengono in rilievo ai fini della fondatezza della domanda anche quelle situazioni in cui, pur essendo disponibile, emerga l’impossibilità concreta del dipendente di accedervi per consumare il pasto al di fuori dell’orario di lavoro e nel rispetto del termine temporale di 30 minuti concesso.

Ci sono, infatti, circostanze che impediscono al dipendente di allontanarsi dal reparto di appartenenza per tutto il tempo necessario per fruire di un pasto, vuoi per la tipologia di attività svolta, ovvero per il ruolo ricoperto e le risorse alternative effettivamente disponibili (ad es. non ci sono altri medici od infermieri in reparto), vuoi per le concrete modalità e tempistiche di fruizione del servizio mensa (ad es. distanza dal luogo di lavoro, tempi di attesa lunghi, restrizioni nel vestiario ecc..).

Né si può sostenere, come avviene in taluni casi, che il dipendente non avrebbe diritto al buono sostitutivo, potendo fruire della mensa prima dell’inizio del turno o dopo di esso. Questo poiché  la consumazione del pasto è strettamente collegata alla pausa di lavoro e deve avvenire nel corso della stessa per consentire a chi presta servizio per oltre sei ore di fruire del riposo indispensabile per il recupero delle energie psicofisiche.

I parametri di riferimento per la quantificazione del danno

L’azione stragiudiziale, ed eventualmente giudiziale davanti al Giudice del Lavoro, sarà quindi diretta al riconoscimento del diritto alla fruizione del buono pasto nonché al pagamento (anche a titolo di risarcimento del danno) del controvalore dei buoni pasto arretrati, il cui valore può essere calcolato secondo il numero delle giornate di effettiva presenza al lavoro, per le quali spettava il buono pasto, moltiplicato per il valore dello stesso indicato nel regolamento/accordo/delibera aziendale.

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