Con la locuzione body shaming si intende la pratica di offendere qualcuno riguardo il suo aspetto fisico.
Questa condotta, certamente non nuova, è di recente balzata all’attualità soprattutto nell’ambito dei Social sempre più utilizzati che, di fatto, hanno consentito il dilagare, spesso incontrollato, di questo fenomeno. In realtà, queste condotte possono spesso degenerare in ipotesi di reato che se perseguite dall’offeso, possono provocare conseguenze davvero importanti per l’offensore.
Le fattispecie criminose che si verificano in tali circostanze e vengono generalmente ricondotte alla diffamazione ed allo stalking.
La diffamazione in particolare in base all’art. all’art.595 c.p. si verifica quando comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione. La Cassazione si è più volte pronunciata in merito ai messaggi diffamatori distinguendo sostanzialmente le e-mail dai social. In particolare, ha ritenuto che l’e-mail sia una comunicazione diretta a un destinatario predefinito ed esclusivo, anche in caso di invii plurimi. Pertanto, il requisito della comunicazione con più persone non può presumersi sulla base dell’inserimento del contenuto offensivo nella rete ma è necessaria quantomeno la prova dell’effettivo recapito degli stessi, sia esso la conseguenza di un’operazione automatica impostata dal destinatario ovvero di un accesso dedicato al server.
Nel caso in cui l’offesa venga fatta circolare mediante l’utilizzo dei social, la sua diffusione indiscriminata può invece intendersi “in re ipsa”, cioè in virtù della natura del mezzo usato, venendo considerata diffamazione aggravata in quanto può avere un destinatario indistinto. In questo caso, la pena potrebbe raggiungere la reclusione da sei mesi a tre anni, ovvero la multa non inferiore a 516,00 euro.
La stessa condotta può poi assurgere all’ipotesi di stalking ogni qual volta l’atteggiamento offensivo venga reiterato nel tempo costringendo la vittima a modificare le proprie abitudini di vita. In ogni caso, questi reati vengono perseguiti a querela della parte offesa, con conseguente possibilità, una volta aperto il giudizio, di costituirsi parte civile anche per richiedere il risarcimento dei danni. Salvo che non costituisca più grave reato, la condotta in questi casi è punita con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi (art. 612bis c.p.).