Con la recente pronuncia n. 20035, pubblicata lo scorso 18 luglio, la Corte di Cassazione ha ribadito i principi che regolano il riconoscimento, al termine del rapporto di lavoro, dell’indennità sostitutiva per le ferie non godute dal lavoratore dipendente.
Secondo la Corte, l’onere di allegazione e prova ricade sul datore di lavoro. La perdita dell’indennità può realizzarsi solo se quest’ultimo dimostra di aver invitato formalmente il dipendente a usufruire delle ferie residue, avvisandolo in modo chiaro e con un congruo preavviso che, in caso di mancato godimento, i giorni sarebbero stati definitivamente persi alla scadenza del periodo di riferimento o di un eventuale periodo di riporto autorizzato.
Il caso nasce dalla richiesta di un lavoratore, giunto al termine del servizio per pensionamento, che con decreto ingiuntivo aveva chiesto al datore anche la monetizzazione dei giorni di ferie non utilizzati.
La datrice di lavoro si è opposta e il Tribunale ha accolto parzialmente le ragioni della società, ritenendo non provato che il mancato godimento fosse dipeso da cause non imputabili al lavoratore. In particolare, si è sottolineato che, dopo la comunicazione del 26 luglio 2011 – quando rimanevano 50 giorni da smaltire entro il 17 settembre, data di cessazione del rapporto – il dipendente non si sarebbe attivato adeguatamente.
La Corte d’Appello, chiamata a pronunciarsi, ha confermato la decisione di primo grado, giudicando nuove e quindi inammissibili le deduzioni del lavoratore secondo cui, ricevuta la comunicazione, aveva effettivamente iniziato a smaltire parte delle ferie residue, senza poterle però consumare tutte per l’imminente termine del servizio.
La Cassazione ha ritenuto errato il ragionamento dei giudici d’appello, i quali non avevano valutato quanto sostenuto dal lavoratore: cioè che, a seguito della comunicazione aziendale, egli aveva effettivamente fruito di una parte dei giorni residui, non riuscendo a smaltirli tutti per l’imminenza della cessazione.
Da qui l’approfondimento sul significato dell’art. 5, comma 8, del D.L. 95/2012 (integrato dall’art. 1, comma 55, L. 228/2012): non può ammettersi la perdita automatica delle ferie arretrate – e quindi dell’indennità sostitutiva – senza che sia stato verificato se il lavoratore sia stato posto dal datore, tramite un’adeguata informazione, nelle condizioni di utilizzarle prima della fine del rapporto.
È quindi il datore di lavoro che deve “allegare e provare di aver messo in condizione il lavoratore di fruire di tutte le ferie residue”, ha sottolineato la Cassazione.
La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza di appello, rilevando come fosse stato del tutto omesso l’accertamento sul numero effettivo di giorni residui al momento della comunicazione e sulla tempestività della stessa, elementi necessari per stabilire se il lavoratore avesse avuto la possibilità concreta di utilizzare le ferie.
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