Arrivano ancora nuove sentenze dei tribunali a confermare l’orientamento favorevole al rimborso delle rette versate per la degenza in RSA da parte di familiari di pazienti non autosufficienti. Il quadro giurisprudenziale si consolida e apre ad una stagione di ricorsi.
L’ultima pronuncia, in ordine cronologico, è quella del Tribunale civile di Roma che ha riconosciuto alla ricorrente un rimborso integrale di oltre 166mila euro, pari a quanto versato alla RSA per la degenza di un familiare non autosufficiente. Il giudice ha condannato la Regione Lazio a restituire quanto pagato, ribadendo un principio ormai sempre più consolidato nella giurisprudenza civile e amministrativa: le spese sanitarie per i pazienti non autosufficienti affetti da gravi patologie sono a carico del Servizio Sanitario, e non possono gravare sulle famiglie.
Questa pronuncia non è isolata, ma si inserisce in un trend giurisprudenziale ampio e coerente. Negli ultimi mesi, diversi tribunali e organi di legittimità hanno ribadito la natura sanitaria dell’assistenza erogata nelle RSA, in particolare nei casi di pazienti affetti da Alzheimer e altre patologie neurodegenerative.
Come ricordato anche dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 22748/2022) e dal Consiglio di Stato (sentenza n. 3074/2025), la distinzione tra prestazione sociale e prestazione sanitaria è decisiva:
“Quando la degenza in RSA ha finalità prevalentemente sanitarie, i costi devono essere integralmente sostenuti dalla sanità pubblica.”
In altre parole, quando si tratta di un paziente non autosufficiente, la degenza è da considerarsi a tutti gli effetti una prestazione sanitaria a carico del SSN. Questo principio vale indipendentemente dalle condizioni economiche del paziente o dei familiari.
Tra i casi più emblematici, quelli legati ai malati di Alzheimer rappresentano la punta dell’iceberg. Il diritto al rimborso per i familiari che hanno anticipato le rette è ormai confermato da diverse sentenze in tutta Italia. È quanto evidenzia anche il nostro recente approfondimento: “Rette RSA: vittoria per i familiari di pazienti Alzheimer”, che ha documentato rimborsi già ottenuti per decine di migliaia di euro.
Nell’ultimo caso in questione, il giudice del Tribunale civile di Roma ha respinto tutte le eccezioni della Regione Lazio, affermando con chiarezza l’illegittimità della richiesta di compartecipazione alla spesa da parte della struttura sanitaria, confermando che la Regione doveva farsi carico per intero delle rette.
Il quadro si fa ancora più favorevole dopo la recente bocciatura dell’emendamento alla Legge di Bilancio 2024 che puntava a limitare la possibilità di ricorsi da parte dei familiari. Come spiegato in questo articolo: “Rette RSA: bocciatura dell’emendamento apre la stagione dei ricorsi”, il mancato inserimento del vincolo normativo conferma che nessuna legge oggi vieta o limita il diritto al rimborso.
Anzi, con l’assenza di coperture legislative specifiche, l’accesso ai rimborsi resta aperto per tutte le famiglie che abbiano versato somme per la degenza di un proprio caro non autosufficiente.
In un sistema che spesso fatica a garantire posti adeguati nelle RSA, sono ancora troppe le famiglie costrette ad anticipare costi che, per legge, dovrebbero essere sostenuti dal Servizio Sanitario Nazionale. Quando ciò accade, far valere i propri diritti non è solo legittimo: è un atto necessario di giustizia.
Consulcesi & Partners affianca pazienti e familiari con azioni legali mirate e fondate sulle più recenti pronunce dei Tribunali italiani, per ottenere il rimborso integrale delle rette RSA versate indebitamente, anche per ricoveri avvenuti negli anni passati.
Hai avuto un familiare affetto da Alzheimer o da un’altra patologia grave ricoverato in una RSA? Se hai sostenuto le spese, potresti avere diritto a un rimborso significativo.
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