Rimborso rette RSA Alzheimer: l’emendamento crolla in Commissione. Ecco cosa cambia sui rimborsi

Bocciato in Commissione Affari Sociali del Senato l’emendamento 13.0.400 al Ddl 1241, che puntava a ridefinire i criteri di gratuità per le prestazioni sociosanitarie ad alta integrazione sanitaria, come quelle fornite nelle RSA ai malati di Alzheimer. Si apre dunque uno scenario completamente diverso sul fronte dei rimborsi.

Il testo, molto discusso e criticato da associazioni e giuristi, prevedeva che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) si facesse carico esclusivamente delle prestazioni di rilievo sanitario, anche quando connesse a quelle socio-assistenziali, limitando la gratuità complessiva e incidendo retroattivamente anche sui contenziosi in corso.

La giurisprudenza della Cassazione è invece ormai consolidata nel ritenere che, in presenza di stretta connessione tra cure sanitarie e assistenza, l’intero costo del ricovero in RSA debba gravare sul SSN. Molti Tribunali di merito – tra cui il Tribunale di Grosseto nel 2025 – stanno infatti accogliendo ricorsi per il rimborso delle rette già pagate dalle famiglie dei pazienti.

La bocciatura dell’emendamento sulle rette delle Rsa non ferma dunque il contenzioso ed i rimborsi: chi ha sostenuto spese per l’assistenza in RSA di un paziente affetto da Alzheimer o da gravi patologie neurodegenerative, può ancora agire in giudizio per ottenere il rimborso. È fondamentale, però, affidarsi a un legale esperto e presentare tutta la documentazione sanitaria e amministrativa utile

La bocciatura della Commissione Affari Sociali

Il percorso del contestato emendamento n. 13.0.400 al Ddl 1241 si è arrestato a seguito dell’ultima seduta della Commissione Affari sociali in sede referente.

Nelle intenzioni, si sarebbero voluti introdurre, sotto l’egida del disegno di legge denominato “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria”,  alcuni accorgimenti per ridurre l’accesso alla gratuità per le prestazioni sociosanitarie ad alta integrazione sanitaria, peraltro estendendo la loro efficacia anche ai giudizi in corso di svolgimento presso i nostri tribunali.

Il testo dell’emendamento sulle rette Rsa ed i rimborsi

La previsione giunta all’esame della Commissione stabiliva che:

“1. All’articolo 30, comma 1, della legge 27 dicembre 1983, n. 730, le parole: “Sono a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali” sono sostituite dalle seguenti: “Sono a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle attività di rilievo sanitario anche se connesse con quelle socio-assistenziali”. Conseguentemente, nell’ambito della quota a carico del servizio sanitario nazionale per l’erogazione delle prestazioni di assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale, di cui all’articolo 30 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, salva la ripartizione ivi contemplata elevabile al 70 per cento nei casi di alta complessità assistenziale, sono a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle prestazioni di rilievo sanitario, secondo quanto rilevato nell’ambito della valutazione multidimensionale per la presa in carico dell’assistito, anche se connesse con quelle socio-assistenziali in termini di specifica efficacia terapeutica.

  1. Le disposizioni di cui al primo comma si applicano anche agli eventuali procedimenti giurisdizionali in essere alla data di entrata in vigore della presente legge.”.

Il punto focale della novità sulle rette delle Rsa

La giurisprudenza di legittimità va ripetendo, ormai da tempo, che le prestazioni sanitarie e socio-assistenziali fornite ad un paziente durante il ricovero presso la RSA, allorchè risultino strettamente correlate fra loro, rientrano entrambe nell’alveo dell’unica categoria sanitaria, di esclusiva competenza del Servizio Sanitario Nazionale ai sensi dell’art. 30 della L. n. 730/83 e succ. mod. ed integ., con conseguente applicazione del regime di gratuità che, se violato, può condurre alla legittima richiesta di rimborso di quanto illegittimamente corrisposto a titolo di retta.

La proposta legislativa, fermamente contestata da tutte le associazioni di riferimento, andava quindi a colpire proprio il punto centrale della questione, volendo normativamente individuare un criterio distintivo fra le prestazioni sanitarie e quelle socio-assistenziali, così da addossare sul SSN soltanto la quota sanitaria, peraltro nell’indicato limite del 70% nei casi di elevata complessità assistenziale.

La seconda parte dell’emendamento, volendo introdurre la retroattività del criterio anche ai giudizi in corso, intendeva chiaramente porre un freno alla recente tendenza dei Tribunali di merito che, forti dell’interpretazione favorevole espressa dalla Cassazione, stanno incidendo significativamente sulle casse pubbliche, che di fatto si trovano onerate dell’intero costo di degenza del malato.

La bocciatura in Commissione Affari Sociali per l’emendamento

Nell’ambito della seduta tenutasi lo scorso 8 aprile in Commissione Affari sociali,  è stata quindi condivisa la soppressione del discusso emendamento sulle rette delle Rsa che, peraltro, nella sua ipotetica attuazione avrebbe generato non pochi problemi di ordine costituzionale, sia con riferimento alle garanzie di accesso alle cure gratuite per i pazienti più fragili, che relativamente al tentativo di influire retroattivamente sull’esito delle azioni giudiziarie già in corso.

Nessuno stop al contenzioso: i ricorsi spianano la strada ai rimborsi

Stando alla vigente disciplina normativa, la consolidata giurisprudenza di legittimità consente, al ricorrere dei presupposti indicati in numerose sentenze (da ultimo, Cass. Civ. n. 21162/2024, n. 4752/2024, n. 34590/2023, Trib. Grosseto n.152/2025), di agire giudizialmente per richiedere l’accertamento dell’obbligo del SSN di sostenere integralmente gli oneri di degenza, oltre al rimborso delle rette eventualmente già erogate (e non dovute) per l’assistenza del paziente affetto da Alzheimer, ovvero da altre patologie neurodegenerative gravi, ricoverato presso una RSA.

In questi casi, sarà sempre opportuno affidarsi ad un legale esperto in materia che, con il competente sostegno di un medico-legale, andrà a presentare la domanda di accertamento dell’obbligo, con relativa istanza di rimborso, davanti al Tribunale ordinario, avendo cura di produrre in giudizio la certificazione attestante la patologia del malato, l’autorizzazione al ricovero in RSA, la cartella clinica completa del piano terapeutico attuato, la dichiarazione di soggiorno in RSA ed, infine, le ricevute dei pagamenti effettuati per la degenza.

In questi procedimenti, oltre alla necessaria documentazione sanitaria, sarà poi opportuno formulare  istanza di ammissione della Consulenza tecnica d’ufficio volta a dimostrare l’effettivo stato clinico del degente e la natura delle prestazioni di cui necessitava durante il ricovero presso la struttura, lasciando poi al magistrato la decisione circa l’opportunità, alla luce del materiale probatorio già reso disponibile, di procedere all’acquisizione di questo ulteriore approfondimento tecnico-scientifico.

Trattandosi di azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c., potrà essere intrapresa sia dal malato (qualora ancora dotato di capacità d’agire), sia dai soggetti cui è stata conferita la relativa tutela sia, infine, dai familiari (qualora siano a loro carico gli esborsi sostenuti per le rette di degenza), ovvero dagli eredi in caso di intervenuto decesso del malato.

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