Buoni pasto nella PA, la Cassazione: “Spettano a tutti dopo 6 ore e una pausa”. Come recuperare gli arretrati
Buoni Pasto sanità

Sei ore di lavoro e una pausa: bastano queste due condizioni per far scattare il diritto al buono pasto. Con l’ordinanza n. 25525/2025, la Corte di Cassazione ha finalmente fatto chiarezza su una delle questioni più discusse nel pubblico impiego, che ha visto in prima linea anche migliaia di professionisti sanitari: chi ha diritto ai buoni pasto?

Un diritto negato a troppi lavoratori

Per anni, regolamenti interni e interpretazioni restrittive hanno escluso medici, infermieri e operatori turnisti, con la giustificazione che l’organizzazione del lavoro su turni fosse incompatibile con l’erogazione del buono.
Il risultato? Una platea enorme di lavoratori costretti a rinunciare a un beneficio previsto per legge.

La svolta della Cassazione

La Suprema Corte con l’ordinanza n. 25525/2025 ribalta l’approccio:

  • non conta la tipologia di turno (turnista o ordinario),
  • conta la durata del lavoro: se supera le sei ore e prevede una pausa pranzo, il buono pasto spetta.

La decisione delle Suprema Corte supera interpretazioni restrittive che in passato negavano il diritto, ad esempio, al personale turnista, e afferma un principio chiaro: ciò che conta non è la tipologia dell’orario, ma la durata effettiva della prestazione e la presenza della pausa.

Il principio affermato è chiaro: il buono pasto non è un “premio” o un “benefit discrezionale”, ma un diritto assistenziale che tutela il benessere del lavoratore quando l’orario di servizio si prolunga oltre la soglia critica.

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La base normativa

La decisione si collega all’art. 8 del D.Lgs. 66/2003, che stabilisce l’obbligo di pausa per chi lavora più di sei ore.
Inoltre, contratti collettivi come il CCNL Sanità hanno già previsto regole sull’indennità sostitutiva di mensa: ora la Cassazione rafforza il principio, affermando che esclusioni arbitrarie nei regolamenti aziendali non possono prevalere sulla legge.

Cosa cambia per i professionisti sanitari

Di particolare rilievo la posizione ora del personale sanitario in turno continuativo, come medici, infermieri e tecnici, spesso esclusi dai regolamenti aziendali: con questa ordinanza, eventuali esclusioni basate sulla tipologia del turno sono da considerarsi illegittime.

Per il mondo della sanità, la sentenza ha infatti un impatto immediato:

  • medici e infermieri turnisti che superano le sei ore non possono più essere esclusi;
  • anche tecnici e operatori del 118 possono rivendicare il buono, se ricorrono le condizioni;
  • chi si è visto negare il riconoscimento potrà valutare azioni di recupero anche per il passato.

Cosa succede dopo la decisione della Cassazione

La pronuncia apre nuove prospettive per chi lavora nella sanità pubblica o convenzionata. Molti operatori che hanno finora ricevuto un diniego potranno oggi rivendicare il riconoscimento dei buoni pasto, anche in via retroattiva, se sussistono le condizioni indicate dalla Cassazione.

La Cassazione mette un punto fermo: il buono pasto spetta a chi lavora oltre sei ore con pausa, senza distinzioni arbitrarie.
Un principio semplice, ma destinato a cambiare la vita quotidiana di tanti professionisti pubblici e sanitari.

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