La Suprema Corte Con la sentenza n. 11008 del 9/06/2020 ha riconosciuto alla PA la facoltà di porre in quiescenza il dirigente medico al momento del compimento dell’età pensionabile, ovverossia al raggiungimento del 65^ anno di età e ciò dovendosi prescindere, come avvenuto nel caso di specie, dall’effettiva sussistenza di un contratto a tempo determinato con scadenza ben oltre il termine previsto dal raggiungimento del limite indicato.
Dopo un articolato excursus sulla normativa relativa al limite massimo di età per il personale della dirigenza medica e per la cessazione dei rapporti convenzionali, la Corte ha ribadito il principio per cui “il collocamento a riposo d’ufficio nella pubblica amministrazione è obbligatorio al compimento dei 65 anni del dipendente. Tale limite può essere superato solo per consentire al lavoratore il perfezionamento del diritto ad una prestazione pensionistica”.
Ciò significa che, in ogni caso, viene fatta salva la possibilità, da esercitarsi nei modi e soprattutto nei termini appositamente previsti, di presentare alla azienda l’istanza per il trattenimento in servizio per il tempo necessario per l’ottenimento del requisito di anzianità minima, ed in ogni caso non oltre il limite di età previsto dalla legge.
Infatti – afferma la Corte di Cassazione in un passaggio motivazionale – “è data facoltà all’amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti e in funzione dell’efficiente andamento dei servizi. La domanda va presentata all’amministrazione di appartenenza dai 24 ai 12 mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento».
Granitica l’affermazione finale allorchè si specifica che: “In materia di collocamento a riposo d’ufficio nel pubblico impiego contrattualizzato, il carattere di specialità che deriva dall’applicazione dei principi di cui all’art. 97 Cost. impone che il compimento di un’età massima determini, sulla base di disposizioni di legge non derogabili dalla contrattazione cllettiva e dalla volontà delle parti, l’estinzione del rapporto (salva l’ipotesi di protrazione per periodi definiti a domanda del dipendente e, eventualmente, con il consenso dell’ amministrazione) e non costituisca un mero presupposto per l’esercizio del potere di recesso da parte dell’amministrazione, la cui inerzia non sarebbe suscettibile di sindacato giurisdizionale (si veda Cass. 2 marzo 2005, n. 4355; Cass. 3 novembre 2008, n. 26377; Cass. 17 giugno 2010, n. 14628). Una prosecuzione del rapporto oltre il limite di età normativamente previsto e per il solo effetto di una convenzione tra le parti si tradurrebbe nella violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori.
Occorre dunque valutare se sia preferibile venir collocati a riposo per raggiunti limiti di età, con l’aggravante di dover attendere un’ulteriore periodo per ottenere l’emolumento pensionistico per assenza del requisito di anzianità, o presentare tempestiva istanza per mantenersi in servizio per il tempo necessario al raggiungimento di questo ulteriore requisito