La sentenza n. 477 del 3 aprile 2024 del Tribunale di Nocera Inferiore – Sezione Lavoro rappresenta un importante punto di riferimento in materia di infortunio sul lavoro e malattia professionale, in particolare per quanto riguarda la valutazione del danno biologico, il ruolo della consulenza tecnica d’ufficio (CTU) e il riconoscimento del nesso causale nelle patologie a carattere degenerativo.
La decisione offre spunti di grande interesse sia per i lavoratori, sia per i professionisti del diritto del lavoro e della previdenza sociale, chiarendo criteri applicativi dell’art. 13 del D.Lgs. 38/2000 e ribadendo principi consolidati ma spesso oggetto di contenzioso con l’INAIL.
Il caso: tecnopatia e attività di operatore socio-sanitario
Il ricorrente, operatore socio-sanitario (OSS) con oltre quarant’anni di servizio, aveva denunciato una ernia discale L3-L4 quale malattia professionale, non riconosciuta in sede amministrativa. In precedenza, l’INAIL aveva già riconosciuto una tecnopatia con un grado di invalidità del 6% legata a patologie della spalla.
La domanda giudiziale era finalizzata a ottenere:
- il riconoscimento della nuova patologia come malattia professionale;
- la corretta quantificazione del danno biologico;
- la conseguente liquidazione dell’indennizzo in capitale.
Il thema decidendum non riguardava dunque l’esistenza del rischio lavorativo, ma la sua incidenza causale e la misura della menomazione.
Il quadro normativo richiamato dal giudice
La sentenza richiama puntualmente:
- l’art. 2 del D.P.R. 1124/1965, che delimita l’ambito di tutela assicurativa;
- l’art. 13 del D.Lgs. 38/2000, che ha introdotto il concetto di danno biologico nell’assicurazione obbligatoria INAIL.
Il giudice ribadisce la distinzione fondamentale:
- nessun indennizzo per menomazioni inferiori al 6%;
- indennizzo in capitale per danni biologici dal 6% al 15%;
- rendita per menomazioni pari o superiori al 16%.
Nel caso di specie, trovando applicazione la disciplina post 25 luglio 2000, la valutazione medico-legale assume un ruolo centrale.
Il ruolo decisivo della CTU medico-legale
Elemento cardine della decisione è la consulenza tecnica d’ufficio, che il Tribunale recepisce integralmente.
Il CTU ha accertato che il lavoratore era affetto da:
“Spondilodiscoartrosi lombare con sindrome radicolare da voluminosa ernia discale L3-L4 sinistra trattata con microdiscectomia”.
Secondo il perito:
- la patologia si inserisce in un processo degenerativo cronico, ma
- non risultano patologie congenite o extralavorative idonee a interrompere il nesso causale;
- l’attività di OSS, con movimentazione manuale dei carichi e dei pazienti, ha rappresentato un rischio lavorativo significativo e prolungato nel tempo.
Determinante è stato anche il richiamo alla sorveglianza sanitaria periodica, che documentava l’esposizione al rischio e rafforzava la prova del collegamento con l’attività lavorativa.
La quantificazione del danno biologico
Il CTU ha stimato:
- un danno biologico del 10% per la nuova patologia;
- sommato al 6% già riconosciuto, un grado complessivo di invalidità del 15%.
Il Tribunale ha quindi condannato l’INAIL alla:
- liquidazione dell’incremento dell’indennizzo in capitale;
- corresponsione degli interessi legali;
- rifusione delle spese legali e delle spese di CTU.
Le novità e i principi di diritto affermati
La sentenza introduce e consolida alcuni punti chiave:
- Malattia degenerativa e nesso causale: anche patologie cronico-degenerative possono essere riconosciute come malattia professionale se il lavoro ha avuto un ruolo concausale rilevante.
- Centralità della CTU: la valutazione medico-legale, se logicamente motivata e coerente con i dati clinici e lavorativi, è pienamente utilizzabile come base della decisione.
- Valore probatorio della sorveglianza sanitaria: i giudizi del medico competente costituiscono un forte indizio dell’esposizione al rischio.
- Tutela rafforzata per gli OSS e il personale sanitario: viene riconosciuta la gravosità strutturale delle mansioni connesse alla movimentazione dei pazienti.
Su cosa è necessario riflettere
Secondo un orientamento condivisibile in dottrina e giurisprudenza, questa sentenza si inserisce in un filone favorevole ai lavoratori: il Tribunale di Nocera Inferiore ha correttamente valorizzato il principio della concausalità, evitando una lettura restrittiva del concetto di malattia professionale. È un segnale importante, soprattutto nei contenziosi INAIL, perché conferma che l’usura lavorativa protratta nel tempo può assumere rilievo giuridico anche in presenza di patologie degenerative.
In prospettiva, la decisione potrà essere utilmente richiamata in casi analoghi, specie nel settore sanitario, dove il confine tra patologia comune e professionale è spesso oggetto di contestazione.
La sentenza n. 477/2024 del Tribunale di Nocera Inferiore rappresenta un precedente significativo in tema di danno biologico da malattia professionale, rafforzando la tutela dei lavoratori e ribadendo il ruolo centrale dell’accertamento medico-legale.
Un arresto giurisprudenziale che merita attenzione non solo per il caso concreto, ma per i principi di sistema che riafferma in materia di infortuni sul lavoro e tecnopatie.






