Non di rado giungono alla consulenza degli esperti legali di Consulcesi & Partners richieste di dirigenti medici che, prestando servizio (od avendolo ormai terminato) per il SSN con contratto a tempo pieno ed indeterminato, lamentano l’azzeramento improvviso dei giorni di ferie annuali maturati nel corso del rapporto di lavoro e non potuti godere per i motivi più svariati.
Assistono, praticamente inermi, ad una sorta di cancellazione automatica dei congedi ordinari che, ad un dato momento, “spariscono” dalla loro busta paga, ovvero dal cedolino presenze, senza aver ricevuto alcuna preventiva comunicazione aziendale idonea a renderli edotti dell’imminenza del provvedimento, né tantomeno della possibilità (laddove ancora in forza al reparto) di smaltirli nel più breve tempo possibile.
Nel pubblico impiego vige la regola, come vedremo di recente matrice giurisprudenziale, che la cancellazione automatica delle ferie maturate e non godute da parte dell’azienda deve essere considerata pratica illecita, con conseguente diritto al ripristino del diritto, allorchè non risultino rispettate dallo stesso datore di lavoro alcune condizioni rigorose.
Ferie annuali retribuite: diritto fondamentale ed irrinunciabile
Il diritto alle ferie annuali retribuite è presidiato sia da precetti di natura costituzionale (tra tutti, si veda l’art. 36 Cost.), che a livello comunitario (art. 31, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ed art. 7 della direttiva 88/2003/UE), venendo così considerato fondamentale ed in quanto tale irrinunciabile.
Proprio la giurisprudenza europea è stata quella che, per prima e con ferma risoluzione, ha sempre riconosciuto la natura fondamentale ed inderogabile di questo diritto, siccome diretto a garantire una tutela efficace della sicurezza e della salute del lavoratore.
Si è poi assistito, dal 2020 in poi in modo sempre più consolidato, ad una parziale rivisitazione dei principi espressi dalla Corte di Cassazione sul punto per cui, proprio prendendo spunto dal forte richiamo europeo e dai principi espressi dalla Corte Costituzionale nella nota sentenza n. 96/2016, si è andata via via acquisendo la consapevolezza che le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale e irrinunciabile del dipendente, a cui è peraltro correlato il diritto all’ottenimento di un indennizzo economico sostitutivo, in caso di mancato godimento a conclusione del rapporto di lavoro.
Deve quindi ritenersi incomprimibile il diritto del lavoratore a fruire interamente dei congedi, che comprende in sé anche la possibilità di monetizzazione di quelli rimasti inevasi al termine del rapporto, per cui qualsiasi provvedimento che implichi la cancellazione automatica dei giorni di riposo deve considerarsi abnorme ed illegittimo.
Nessuna estinzione automatica delle ferie
Contrariamente a quanto si creda, allora, l’azienda datrice di lavoro non può procedere d’imperio all’azzeramento delle ferie non godute del lavoratore, dovendosi previamente occupare di alcuni aspetti che, secondo l’unanime opinione giudiziale, costituiscono precisi e rigorosi oneri a suo carico.
Come potentemente ribadito dalla stessa Corte di Cassazione nella sentenza n. 16772/2025, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia del 18 gennaio 2024 nella causa C -218/22 è stato definitivamente sancito il preminente valore delle previsioni contenute nell’art. 7 direttiva 2003/88/CE e nell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea rispetto a qualsiasi normativa nazionale (nel caso specifico, si trattava proprio dell’art. 5, comma 8, del D.L. 95/2012) che, per esigenze organizzative e di contenimento della spesa pubblica, stabiliscano “il divieto di versare al lavoratore un’indennità economica per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà”.
L’Italia, come gli altri Stati membri del resto, non possono dunque derogare a tale principio per cui – come ripete la sentenza -il diritto alle ferie annuali retribuite “non può estinguersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non è stato in condizione di beneficiare delle sue ferie”.
Gli oneri a carico del datore di lavoro
Lungi dal poter procedere in modo automatico, l’azienda (ovvero qualsiasi altro ente pubblico) sarà quindi tenuta a rispettare precisi obblighi comportamentali, dovendo in ogni modo agevolare il tempestivo e corretto accesso alle ferie dei suoi dipendenti, avendo cura di inserire nel proprio modello organizzativo misure adeguate al raggiungimento di questo scopo.
Sempre a suo carico, risulta poi l’onere di sollecitare la fruizione dei giorni di congedo ordinario assicurandosi, in modo proattivo e trasparente, che i suoi dipendenti siano effettivamente nelle condizioni di fruire dei previsti periodi di riposo, invitandoli, se del caso formalmente, a farlo, e nel contempo informandoli, sempre in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee al conseguimento del riposo a cui sono dirette, del fatto che, qualora ciò non accada, questi giorni verranno effettivamente perduti al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato, o non potranno più essere sostituiti neppure da indennità finanziarie.
Consiglio pratico
In conclusione, la cancellazione automatica delle ferie non godute può considerarsi una pratica del tutto illegittima da parte dei datori di lavoro del pubblico impiego per cui, qualora dovesse essere registrata, sarà sempre possibile per il dipendente contestarla chiedendo, se ancora in servizio, il riaccredito dei giorni di ferie, anche relativi a pregresse annualità, non goduti ovvero, in caso di cessazione del rapporto (per dimissioni, pensionamento od altro), il pagamento dell’indennità economica sostitutiva.






