Errore odontoiatrico e presunto danno estetico: il Tribunale di Salerno respinge la domanda del paziente  

La sentenza n. 6134 del 26 dicembre 2024 del Tribunale di Salerno affronta un caso emblematico di responsabilità sanitaria in ambito odontoiatrico, caratterizzato da una forte discrepanza tra la percezione soggettiva del paziente e la realtà clinica accertata. La decisione è un esempio di applicazione rigorosa dei principi in tema di responsabilità contrattuale del medico e di accertamento del nesso causale, ed evidenzia l’importanza cruciale della consulenza tecnica d’ufficio (CTU) nei giudizi di colpa professionale. 

Il caso: la domanda del paziente e le accuse al medico 

Il paziente agisce contro il proprio odontoiatra sostenendo che l’intervento di implantologia subìto fosse stato eseguito in modo errato e che, a causa di tale malpractice, avesse riportato: 

  • una lesione del nervo facciale
  • un danno estetico al volto
  • un danno biologico quantificato in oltre 21 mila euro; 
  • la richiesta di restituzione delle somme versate per l’intervento (€10.012). 

Il paziente sostiene dunque una duplice responsabilità: da un lato, un inadempimento tecnico dell’operatore; dall’altro, un danno ulteriore sul piano estetico e funzionale. Tuttavia, tali affermazioni — come accertato dal Tribunale — risultano non provate. 

La CTU: nessun nesso causale, nessun errore tecnico, nessun danno 

La consulenza medico-legale eseguita nel corso del giudizio rappresenta l’asse portante della decisione. 

Secondo le risultanze tecniche: 

  • non vi è alcun rapporto causale tra l’intervento odontoiatrico e la presunta lesione del nervo facciale, poiché l’area in cui opera l’implantologo è anatomicamente troppo distante dal decorso del nervo incriminato; 
     
  • non esiste alcun danno estetico apprezzabile: l’esame obiettivo non evidenzia alterazioni nei lineamenti o nella simmetria del volto; 
     
  • non sono ravvisabili errori tecnici nell’esecuzione dell’implantologia o nell’inserimento delle protesi dentarie, che risultano correttamente posizionate; 
     
  • non sussistono postumi né la necessità di terapie o spese future. 
     

La CTU, inoltre, esprime una valutazione metodologicamente rigorosa: l’implanto-protesista opera in una zona distante dal nervo facciale, rendendo fisiologicamente impossibile la lesione lamentata. Questo elemento anatomico — incontrovertibile — diventa decisivo nel giudizio. 

Il Tribunale aderisce integralmente a tali conclusioni, ritenendole chiare, logiche e ben fondate. 

Il quadro giuridico: responsabilità sanitaria e oneri probatori 

Il giudice fonda la motivazione su un impianto giurisprudenziale consolidato. 

La responsabilità dell’odontoiatra, come di tutto il personale sanitario convenzionato con il paziente, ha natura contrattuale. Ciò comporta: 

  • che il paziente deve allegare e provare un inadempimento qualificato, cioè un errore astrattamente idoneo a produrre il danno lamentato; 
  • che il medico deve provare di avere correttamente eseguito la prestazione, attenendosi alle linee guida, alle buone pratiche e alla diligenza professionale. 

Il Tribunale richiama infatti i principi espressi dalla Cassazione (ad es. Cass. 588/2008 e Cass. 577/2008), già citati all’interno della motivazione.  

Il punto nodale è che il paziente non ha dimostrato alcun inadempimento, né la CTU ha rilevato elementi a sostegno delle sue accuse. 
In assenza di prova del nesso causale tra l’intervento e il danno lamentato, la domanda risarcitoria non può essere accolta. 

La domanda riconvenzionale del medico: nessun danno all’immagine 

Il medico convenuto propone domanda riconvenzionale, sostenendo che le accuse del paziente gli avessero danneggiato l’immagine professionale. 

La testimonianza prodotta — afferma il giudice — non prova alcuna effettiva lesione della reputazione dell’odontoiatra, né un concreto pregiudizio professionale derivante dalla causa intentata. Si tratta di una valutazione importante: non ogni contestazione giudiziaria determina automaticamente un danno all’immagine del sanitario. È necessario un quid pluris, come la diffusione pubblica della notizia, la perdita di clientela documentata o l’offesa dell’onore professionale. Nessuno di questi elementi è presente nel caso concreto. 

Perché la sentenza è significativa? 

La decisione del Tribunale di Salerno si distingue per chiarezza metodologica e capacità di distinguere tra: 

  • ciò che è clinicamente accertabile; 
  • ciò che è mera percezione soggettiva del paziente. 

a) Una corretta applicazione del modello contrattuale 

La sentenza si colloca nella tradizione antecedente alla Legge Gelli-Bianco (2017), ma in continuità con i suoi principi: 
l’onere della prova del paziente resta centrale e il giudice deve verificare l’inadempimento qualificato. 

Qui tale inadempimento non solo non è provato, ma è anatomicamente impossibile. 

b) L’importanza delle basi scientifiche nella valutazione del nesso causale 

La CTU spiega in modo chiaro che un impianto dentale non può ledere il nervo facciale. 
È un’applicazione pratica del principio della “causalità scientifica”: il giudice non può attribuire responsabilità se la scienza esclude la compatibilità dell’evento. 

c) La distinzione tra sintomi riferiti e reperti oggettivi 

È un aspetto molto rilevante nei giudizi odontoiatrici: il paziente può percepire come “asimmetria” ciò che clinicamente è normale, o può attribuire a un impianto fastidi che derivano da altre cause (malocclusione, tensioni muscolari, ansia somatizzata). 
Il Tribunale evita l’errore — frequente — di accogliere richieste basate solo su elementi soggettivi. 

d) La prudenza nelle indagini invasive 

La CTU sottolinea che non è opportuno prescrivere esami invasivi o rischiosi in assenza di indicazioni cliniche certe. È un richiamo prezioso alla professionalità del medico: anche non fare un esame può essere una scelta adeguata. 

e) Un precedente importante nei contenziosi odontoiatrici 

La sentenza è significativa perché affronta un tema divenuto molto frequente: 
le richieste risarcitorie connesse a presunti errori implantologici che, spesso, non trovano riscontro oggettivo. 

Qui il Tribunale chiarisce: 

  • se non esiste danno clinico, 
  • se non esiste nesso causale, 
  • se non esiste errore tecnico, 
    allora la responsabilità non può essere affermata. 

La sentenza n. 6134/2024 del Tribunale di Salerno rappresenta un modello di valutazione razionale e scientificamente fondata della responsabilità sanitaria. 

In un settore — quello odontoiatrico — dove i ricorsi sono sempre più frequenti e a volte fondati su percezioni personali o aspettative estetiche elevate, questa decisione riafferma un principio essenziale: il giudice non può sostituire la scienza medica con sensazioni soggettive, né può condannare il sanitario senza prova certa dell’inadempimento e del nesso causale

Un precedente utile, equilibrato e tecnicamente solido, destinato a essere richiamato in casi simili. 

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