La recente sentenza n. 392/2023 della Corte d’Appello di Milano offre uno spaccato molto attuale sulle questioni più delicate del diritto di famiglia: collocamento dei figli, mantenimento, assegno divorzile, nuove relazioni del genitore, revoca del patrocinio a spese dello Stato e responsabilità processuale aggravata.
Il caso riguarda un padre che, all’esito del divorzio, aveva presentato appello chiedendo:
- collocamento paritetico o prevalente dei figli presso di sé,
- riduzione del contributo al mantenimento,
- riconoscimento di un assegno divorzile a proprio favore,
- revisione delle spese straordinarie,
- compensazione delle spese processuali.
L’appello viene integralmente respinto, con condanna alle spese e persino una sanzione ex art. 96, co. 3 c.p.c..
Collocamento dei figli: stabilità e interesse del minore prevalgono
La Corte conferma il collocamento prevalente presso la madre, già stabilito:
- dall’accordo di separazione del 2014,
- dal Tribunale nel precedente giudizio.
Il padre contestava che tale assetto violasse i principi dell’affido condiviso.
La Corte però ribadisce che l’affidamento condiviso non implica automaticamente pariteticità dei tempi: ciò che conta è l’interesse concreto dei minori, non l’astratta simmetria tra i genitori.
Punti chiave della motivazione:
- I figli, ascoltati dal consulente, non hanno espresso volontà di modificare l’assetto familiare,
- L’assetto vigente ha garantito equilibrio e continuità nel corso degli anni,
- Le contestazioni del padre non evidenziano alcun elemento nuovo o rilevante.
La Corte richiama la giurisprudenza secondo cui il collocamento va deciso sulla base della “migliore gestibilità e comodità delle esigenze di vita dei minori” (Cass. 33961/2022)
Contributo al mantenimento: nessuna sopravvenienza che giustifichi la riduzione
Il padre lamentava un assegno troppo elevato, frutto – a suo dire – di “slancio di generosità” al momento della separazione.
L’appello viene respinto:
- Non è emerso alcun peggioramento delle condizioni economiche del padre rispetto al passato,
- La madre non gode di vantaggi tali da modificare la proporzione dei redditi.
Importante il richiamo della Corte: il giudice della revisione non può rivalutare da zero le condizioni economiche pregresse, ma solo verificare circostanze sopravvenute (Cass. 283/2020; 28436/2017).
Nuovo matrimonio della madre e frequenti viaggi: irrilevanti ai fini del mantenimento
Il padre sosteneva che il nuovo matrimonio della madre con un cittadino statunitense e i viaggi negli USA dimostrassero una maggiore capacità economica della donna.
La Corte rigetta anche questo punto:
- L’eventuale nuovo coniuge non è tenuto a contribuire al mantenimento dei figli, e la sua presenza non modifica gli obblighi dei genitori biologici.
- Le nuove spese o miglioramenti economici della madre non comportano automaticamente riduzione dell’assegno a carico dell’altro genitore.
Assegno divorzile richiesto dal padre: nessun presupposto compensativo
Il padre chiedeva che la ex moglie gli corrispondesse un assegno divorzile, sostenendo una disparità reddituale e il proprio impegno nella cura dei figli.
La Corte chiarisce:
- Le parti non avevano mai dichiarato reciproca indipendenza economica, ma ciò non basta per riconoscere l’assegno,
- Manca il presupposto della funzione perequativo–compensativa dell’assegno divorzile, secondo l’orientamento delle Sezioni Unite 2018 e della Cassazione 29920/2022.
Il padre non ha dimostrato di aver sacrificato in modo apprezzabile la propria carriera per la famiglia.
Revoca del patrocinio a spese dello Stato e condanna ex art. 96 c.p.c.
Uno degli aspetti più severi della sentenza riguarda:
Revoca del gratuito patrocinio
La Corte ravvisa un uso improprio dello strumento, sottolineando che:
- l’appellante ha riproposto argomentazioni prive di novità,
- senza alcun fondamento giuridico o probatorio,
- gravando ingiustificatamente sulla collettività.
Condanna ex art. 96, co. 3 c.p.c.
Al padre è imposto un risarcimento pari a metà delle spese legali liquidate, cioè 1.738 euro
Questa condanna, rara nei procedimenti familiari, segnala una linea più rigorosa contro gli abusi processuali.
Quale riflessione?
La sentenza n. 392/2023 è un esempio significativo della linea interpretativa oggi dominante:
l’interesse dei minori resta il fulcro, e il collocamento non si modifica senza elementi nuovi, concreti e rilevanti.
Tre aspetti meritano particolare attenzione:
1. La distinzione fra affidamento condiviso e collocamento
Molti genitori confondono questi concetti: l’affido condiviso riguarda le decisioni, non i tempi di permanenza. La Corte ribadisce che la pariteticità non è un diritto del genitore, ma una possibilità da valutare solo nell’interesse del minore.
2. La rigidità sulle “sopravvenienze” economiche
Ridurre l’assegno di mantenimento non è mai semplice: il genitore onerato deve dimostrare un effettivo peggioramento o un mutamento significativo delle condizioni economiche. La giurisprudenza è sempre più ferma nel richiedere prove solide.
3. L’inasprimento verso gli abusi processuali
La revoca del gratuito patrocinio e la condanna ex art. 96 c.p.c. mostrano un chiaro segnale: nel diritto di famiglia non c’è spazio per appelli pretestuosi. È un monito importante, perché la tutela dei minori passa anche attraverso la responsabilità degli adulti nell’uso del processo.
La sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 392/2023 rappresenta un precedente significativo in materia di:
- stabilità del collocamento dei minori,
- rigidità sui presupposti per la modifica del mantenimento,
- criteri per l’assegno divorzile,
- responsabilità processuale aggravata.
È una decisione che rafforza il principio secondo cui il processo non può essere utilizzato per riaprire questioni già definite senza reali mutamenti, e che la tutela dei figli passa attraverso prevedibilità, stabilità e correttezza delle parti.






