Demansionamento infermieristico: la Cassazione chiude le scorciatoie organizzative delle ASL
demansionamento

Con l’ordinanza n. 12128 dell’8 maggio 2025, la Corte di Cassazione – Sez. Lavoro torna su un tema centrale per il pubblico impiego sanitario: quando è legittimo adibire un infermiere a mansioni tipiche dell’operatore socio-sanitario (OSS)?

La pronuncia – che conferma la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila – dichiara illegittimo l’impiego “sistematico e non marginale” degli infermieri in attività proprie degli OSS, riconoscendo alla lavoratrice un risarcimento del 6% della retribuzione per il danno alla dignità professionale.

Il caso: infermieri impiegati in attività OSS in modo “costante e per buona parte della giornata”

Dalla documentazione processuale emerge che per “anni” gli infermieri erano stati incaricati di attività tipicamente svolte dagli OSS, tra cui:

  • trasporto dei pazienti,
  • rifacimento dei letti,
  • risposta ai campanelli,
  • cura dell’igiene dei pazienti,
  • cambio pannoloni,
  • svuotamento e pulizia di padelle e pappagalli.

Il tutto avveniva non in via eccezionale, bensì quotidianamente, incidendo su “buona parte della giornata lavorativa”.
Secondo la Corte d’Appello, la condotta dell’ASL integrava una violazione dell’art. 52 d.lgs. 165/2001, che tutela la corrispondenza tra mansioni e inquadramento.

Le difese dell’ASL e i motivi del ricorso respinti dalla Cassazione

L’ASL sosteneva che:

  1. gli infermieri continuavano comunque a svolgere prevalentemente le mansioni proprie dell’inquadramento;
  2. le mansioni OSS non sono “estranee” alla professionalità infermieristica;
  3. il Codice Deontologico (art. 49) impone all’infermiere di supplire eccezionalmente a carenze organizzative;
  4. la Corte d’Appello avrebbe mal valutato le prove;
  5. il danno non sarebbe stato provato.

La Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso.

I principi stabiliti dalla Cassazione: quando l’assegnazione a mansioni inferiori è legittima

La Corte compie un’importante opera di sistematizzazione della giurisprudenza. Viene affermato che, nel pubblico impiego privatizzato, l’adibizione a mansioni inferiori può essere eccezionalmente legittima solo se tre condizioni sono contemporaneamente soddisfatte:

Non estraneità delle mansioni inferiori alla professionalità del lavoratore

Nel caso specifico, la Corte chiarisce che le attività OSS non sono in sé incompatibili con la professionalità infermieristica perché ricadono nella “cura della persona”.

Presenza di una reale esigenza organizzativa o di sicurezza

L’assegnazione deve rispondere a necessità concrete e non a scelte discrezionali o abitudinarie.
Nel caso in esame, la carenza di OSS era un fatto accertato, ma non sufficiente a giustificare l’uso sistematico degli infermieri in mansioni inferiori.

Marginalità o occasionalità dello svolgimento delle mansioni inferiori

Questo è l’aspetto determinante.
La Cassazione specifica che:

  • le mansioni inferiori sono legittime solo se marginali;
  • se non marginali, devono essere occasionali;
  • se non marginali e non occasionali, l’assegnazione è illegittima, anche se l’infermiere continua a svolgere le sue funzioni principali in modo prevalente.

Questa precisazione è decisiva: la prevalenza delle mansioni qualificate non salva il datore di lavoro se le mansioni inferiori diventano “parte strutturale” della giornata lavorativa.

Il principio di diritto formulato dalla Corte

La Cassazione codifica espressamente un principio destinato ad orientare futuri contenziosi:

l’infermiere può essere adibito a mansioni inferiori solo se correlate alla sua professionalità, motivate da esigenze organizzative e svolte in modo marginale o, se non marginali, comunque meramente occasionale.

Il danno alla professionalità: perché è stato riconosciuto senza prova “medica”

La Cassazione conferma il risarcimento del danno non patrimoniale in misura del 6% della retribuzione, chiarendo che:

  • il danno alla dignità professionale e all’immagine è presunto quando la dequalificazione è sistematica e avviene alla presenza degli utenti;
  • il giudice può liquidarlo equitativamente, senza necessità di prove cliniche o psicologiche;
  • è sufficiente allegare la compromissione della dignità professionale.

La Corte valorizza elementi concreti:

  • lunga durata della dequalificazione,
  • natura “prettamente manuale” delle mansioni inferiori,
  • svolgimento davanti ai pazienti.

Analisi tecnica: l’impatto della sentenza su ASL, RSA e strutture socio-sanitarie

Da esperto di diritto del lavoro pubblico, ecco le implicazioni più rilevanti:

Non è più sufficiente invocare la carenza di OSS

Le direzioni sanitarie dovranno dimostrare che l’assegnazione a mansioni inferiori:

  • non è programmata,
  • non è quotidiana,
  • non è parte integrante dell’organizzazione.

La prassi consolidata in molte strutture – infermieri che “coprono” quotidianamente funzioni OSS – diventa giuridicamente rischiosa.

Serve un monitoraggio delle attività effettivamente svolte

In caso di contenzioso, ciò che rileva non è l’atto formale di assegnazione, bensì la realtà operativa.
Le ASL dovrebbero:

  • aggiornare mansionari interni,
  • riorganizzare turnazioni,
  • documentare le esigenze straordinarie.

Rilevanza per la contrattazione collettiva

Il CCNL Sanità già distingue chiaramente tra profilo OSS e infermiere. La Cassazione ribadisce che tale distinzione deve tradursi nella pratica. La pronuncia fornisce una griglia molto precisa: se un infermiere svolge mansioni OSS non marginali, il demansionamento è quasi automaticamente configurabile.

Una sentenza che fissa un limite chiaro alla “flessibilità impropria” nel settore sanitario

La Cassazione n. 12128/2025 è una decisione di grande rilievo, perché:

  • tutela la professionalità degli infermieri,
  • chiarisce i limiti dell’adibizione a mansioni inferiori,
  • responsabilizza le amministrazioni pubbliche sulla corretta gestione degli organici,
  • rafforza i diritti risarcitori dei lavoratori dequalificati.

La regola può essere sintetizzata così: l’infermiere può aiutare eccezionalmente, non sostituirsi strutturalmente all’OSS. In una fase storica in cui il personale sanitario è spesso utilizzato al limite, questa sentenza ribadisce che le carenze organizzative non possono tradursi in una compressione permanente della professionalità del lavoratore.

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