Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 2393 del 8 marzo 2025, ha riconosciuto la responsabilità professionale di una dentista per errata pianificazione e gestione di trattamenti odontoiatrici, condannandola al risarcimento di oltre 9.000 euro per danno non patrimoniale e 2.500 euro per danno patrimoniale nei confronti di una paziente.
La vicenda
Tutto ha avuto inizio nel 2017, quando una donna napoletana si era rivolta a uno studio odontoiatrico per risolvere gravi problemi dentali e mandibolari. Secondo quanto emerso dagli atti, la professionista aveva predisposto un piano terapeutico complesso — comprensivo di capsule, devitalizzazioni ed estrazioni — per un importo complessivo di 5.000 euro.
La paziente aveva versato acconti per 2.500 euro e si era sottoposta agli interventi. Tuttavia, nei mesi successivi, le condizioni del cavo orale erano peggiorate sensibilmente, con perdita di denti, dolori intensi e gravi difficoltà masticatorie.
La donna ha quindi citato in giudizio la dentista, lamentando negligenza, imperizia e mancanza di consenso informato, oltre alla presenza di un presunto operatore non iscritto all’albo che avrebbe collaborato agli interventi.
Le motivazioni del giudice
Il giudice della VIII sezione civile del Tribunale di Napoli, ha accolto le conclusioni della consulenza medico-legale, che ha evidenziato come il piano terapeutico della dentista fosse imprudente e imperito, poiché non aveva tenuto conto di patologie pregresse — in particolare parodontite cronica e sindrome algico-disfunzionale — già presenti nella paziente.
Secondo la perizia, la mancata diagnosi e la scelta di un trattamento protesico fisso in assenza di adeguata cura parodontale avevano aggravato la situazione clinica, contribuendo alla perdita di due molari superiori. Il danno biologico permanente è stato valutato nel 5% di invalidità, mentre l’inabilità temporanea è stata quantificata in 30 giorni.
Il Tribunale ha riconosciuto inoltre un danno morale aggiuntivo, in quanto la donna, dopo gli interventi, aveva visto peggiorare la propria vita sociale e relazionale, non riuscendo più ad alimentarsi normalmente né a uscire di casa.
Le somme riconosciute e la responsabilità assicurativa
La dentista è stata condannata a pagare € 9.151,29 per danno non patrimoniale e € 2.500,00 per danno patrimoniale, oltre agli interessi legali. È stata anche accolta la domanda di garanzia assicurativa, obbligando la compagnia a tenere indenne la professionista, nei limiti della polizza in vigore.
Non è stato invece riconosciuto un danno per mancato consenso informato, poiché non è stato dimostrato che la paziente avrebbe rifiutato il trattamento se correttamente informata.
Considerazioni e riflessioni
Questa decisione offre spunti significativi per la giurisprudenza in tema di colpa medica odontoiatrica e obbligo di diligenza professionale. Il Tribunale ribadisce che il medico — anche in ambito dentistico — deve elaborare un piano terapeutico completo e personalizzato, considerando tutte le patologie del paziente. L’errore diagnostico o l’omissione di cure fondamentali, anche se in presenza di patologie preesistenti, può determinare responsabilità civile e obbligo di risarcimento.
La sentenza sottolinea inoltre l’importanza del consenso informato, non solo come adempimento formale, ma come strumento essenziale per tutelare la libertà decisionale del paziente.
Infine, si evidenzia la rilevanza delle coperture assicurative professionali, che in casi come questo rappresentano una tutela fondamentale sia per il sanitario che per il paziente danneggiato.
Il significato della sentenza e le sue implicazioni giuridiche
La sentenza n. 2393/2025 del Tribunale di Napoli non si limita a risolvere un contenzioso individuale: rappresenta un precedente di rilievo nell’ambito della colpa medica odontoiatrica, evidenziando come anche in campo dentistico la responsabilità professionale debba essere valutata secondo criteri di diligenza, prudenza e perizia, in conformità all’art. 1176 c.c. e alla Legge Gelli-Bianco n. 24/2017.
1. Il dovere di diagnosi e la pianificazione terapeutica personalizzata
Uno dei punti più significativi della decisione è il riconoscimento che la mancata diagnosi delle patologie pregresse costituisce di per sé una condotta colpevole.
La professionista, infatti, avrebbe dovuto valutare con attenzione lo stato parodontale della paziente, predisponendo un percorso terapeutico che affrontasse le cause alla base del problema e non solo le sue manifestazioni estetiche o funzionali.
In altre parole, il giudice richiama l’obbligo per il sanitario di agire con approccio sistemico, integrando le conoscenze cliniche con una valutazione complessiva della salute del paziente. Non basta quindi “riparare” i danni visibili: occorre individuare e curare le condizioni sottostanti per garantire un risultato terapeutico efficace e duraturo.
Questa impostazione rafforza il principio secondo cui l’odontoiatra non può limitarsi a un intervento tecnico isolato, ma deve assumersi piena responsabilità del piano di cura, verificando la compatibilità delle procedure con lo stato generale del paziente.
2. Il consenso informato come diritto sostanziale
Sebbene in questo caso il Tribunale non abbia riconosciuto un danno autonomo per violazione del consenso informato, la motivazione chiarisce un punto fondamentale: il consenso non è un atto meramente burocratico, ma una garanzia di autodeterminazione personale.
Il paziente deve essere messo in condizione di comprendere:
- la natura dell’intervento;
- i possibili rischi e complicanze;
- le alternative terapeutiche disponibili.
Solo così può esercitare in modo consapevole il proprio diritto di scelta.
Il mancato rilascio o la mancata comprensione del consenso informato, pur non generando automaticamente un danno risarcibile, può comunque aggravare la posizione del medico in sede civile, specialmente se concorre a una prestazione errata o dannosa.
La sentenza, quindi, invita la classe medica — e in particolare gli odontoiatri — a formalizzare e documentare accuratamente il processo informativo, al fine di evitare future contestazioni giudiziarie.
3. L’importanza dell’assicurazione professionale
Un altro profilo di rilievo riguarda la copertura assicurativa obbligatoria per i professionisti sanitari, introdotta proprio dalla Legge Gelli-Bianco.
Il giudice, infatti, ha accolto la domanda di garanzia, stabilendo che la compagnia assicurativa della dentista dovrà tenerla indenne dal risarcimento disposto in sentenza.
Questo passaggio rafforza l’importanza, per ogni operatore sanitario, di:
- stipulare polizze adeguate al rischio professionale;
- conoscere le condizioni contrattuali, in particolare le clausole di gestione della lite e le franchigie;
- comunicare tempestivamente ogni sinistro alla compagnia.
La decisione evidenzia come la corretta gestione assicurativa sia oggi parte integrante della responsabilità professionale: non solo tutela economica, ma anche elemento di buona pratica e conformità normativa.
4. Un messaggio alla comunità sanitaria
In conclusione, il Tribunale di Napoli riafferma un principio cardine della medicina contemporanea: la centralità del paziente.
Ogni atto medico, anche in ambito odontoiatrico, deve essere fondato su diagnosi completa, trattamento adeguato e informazione trasparente.
La professionalità, in questo senso, non si misura solo sulla competenza tecnica, ma sulla capacità del medico di instaurare un rapporto di fiducia, chiarezza e responsabilità.
Questa sentenza diventa dunque un monito e un’occasione di crescita per il settore odontoiatrico, richiamando tutti i professionisti a un esercizio della professione basato su rigore scientifico, empatia e consapevolezza giuridica.






