La Corte di Cassazione con la sentenza 6493 del 9 marzo 2021 è tornata nuovamente sul tema delle ferie non godute da parte e delle illecite condotte del datore di lavoro.
Nel provvedimento è stata dichiarata illegittima, infatti, la soppressione delle ferie adottata dalla struttura sanitaria nei confronti del medico dirigente, senza riconoscere la relativa indennità sostitutiva, né risarcendo il danno provocato.
Nel riformare la sentenza impugnata, la Corte ha ribadito quell’orientamento secondo il quale “l’art. 21, comma 13 del CCNL 5 dicembre 1996, area dirigenza medica e veterinaria che dispone il pagamento delle ferie nel solo caso in cui, all’atto della cessazione del rapporto, risultino non fruite per esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente va interpretato in modo conforme al principio di irrinunciabilità delle ferie, di cui all’art. 36 Cost., di guisa che si applica solo nei confronti dei dirigenti titolari del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza ingerenze da parte del datore di lavoro e non anche nei confronti dei dirigenti privi di tale potere”.
Il medico inquadrato come dirigente di primo livello è, di regola, in una posizione chiaramente sott’ordinata a quella dei dirigenti di secondo livello e alla direzione sanitaria per cui è legittimo ritenere che non abbia il potere di programmarsi il periodo di ferie e quindi di goderne senza una preventiva autorizzazione di un soggetto sovraordinato.
In tali casi, trova quindi applicazione “il principio generale secondo cui il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha soltanto l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l’espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell’indennità suddetta, mentre incombe al datore di lavoro l’onere di fornire la prova del relativo pagamento”.