Le problematiche economiche causate dalla pandemia hanno reso necessario rivedere le modalità e l’entità del pagamento in alcuni ambiti come il condominio la locazione e l’assegno di mantenimento.
Quali sono le opportunità che la legge ci fornisce per fronteggiare l’emergenza?
In assenza di qualsiasi disposizione legislativa a tutela dei proprietari immobiliari, rimane ferma la disposizione prevista dall’art. 1129 c.c. che, in combinato disposto con l’art. 63 disp. att. c.c. impone all’amministrazione di agire nei confronti dei condomini morosi entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio a cui il credito conferisce, ovvero nel minor termine previsto dal regolamento condominiale.
In questi casi, è opportuno intavolare una trattativa con l’amministrazione condominiale per richiedere, a fronte di una comprovata difficoltà economica, una riduzione del debito, ovvero una dilazione dei pagamenti adducendo l’impossibilità temporanea di adempiere al pagamento nei tempi e nei modi indicati nel bollettino ricevuto.
In assenza di apposita clausola di rinegoziazione del contratto locativo al ricorrere di determinate condizioni, soccorre il rispetto del canone di buona fede oggettiva e di solidarietà ex art. 1375 c.c. che deve sempre caratterizzare il comportamento delle parti durante il decorso del rapporto negoziale.
La buona fede oggettiva viene ad assumere quella funzione integrativa del contratto utile per consentire alle parti, e quindi semmai al magistrato in caso di disaccordo, di ricondurre ad equità il rapporto qualora si riscontrasse un effettivo e rilevante squilibrio contrattuale dovuto a sopravvenienze del tutto imprevedibili al momento della stipula dell’accordo.
Per rispetto della clausola generale di buona fede oggettiva e di correttezza, si può quindi procedere alla richiesta di rinegoziazione delle condizioni improvvisamente squilibrate, con conseguente mediazione fra gli opposti interessi.
La riduzione, in taluni casi davvero drastica, delle fonti di reddito dovute al recente lockdown, ancorchè mitigata dai provvedimenti di sostegno assunti dal Governo, ha generato importanti riflessi sulla gestione del menage economico delle famiglie di coniugi separati o divorziati.
Esclusa la possibilità di autodeterminarsi per la sospensione dall’obbligo di pagamento del mantenimento, condotta di per sé punibile penalmente ai sensi dell’art. 570 c.p., è preferibile che il coniuge obbligato comprovi adeguatamente e con precisione documentale la sopravvenuta riduzione dei propri proventi, manifestando all’altro la chiara volontà, imposta dal momento, di corrispondere al beneficiario quanto più possibile, ma nel contempo invitandolo a valutare congiuntamente la possibilità di accedere ad una modifica, seppur temporanea, delle condizioni previste per il versamento dell’assegno.
Questa soluzione potrà essere raggiunta sia facendo ricorso all’istituto della negoziazione assistita, addivenendo così ad un accordo di sospensione o riduzione del contributo fra i coniugi, sia depositando apposita istanza innanzi al Tribunale competente chiedendo, ai sensi degli artt. 337 quinquies c.c. e 710 c.p.c. (od art. 9 della l. n. 898/1970 per l’assegno divorzile), la revisione del previsto contributo monetario.
Conseguirà l’apertura del relativo procedimento nell’ambito del quale il Giudice valuterà, alla luce dell’accurata disamina di tutta la produzione documentale fornita a supporto dall’onerato, l’effettivo e concreto peggioramento delle condizioni economiche dell’onerato così da pervenire ad una diversa, e più equa, distribuzione del peso economico del mantenimento ed eventuale ricalcolo del relativo assegno.