La Sentenza n. 12914/2024 del Tribunale di Roma rappresenta uno dei provvedimenti più significativi dell’ultimo periodo in materia di diffamazione a mezzo stampa online, soffermandosi sul rapporto – sempre più complesso – tra libertà di critica, doveri del giornalista, e tutela della reputazione quando l’informazione circola attraverso testate telematiche.
Il caso nasce dalla pubblicazione di dieci articoli e una lettera aperta sul sito “Sassate.it”, ricondotto al direttore responsabile, convenuto in giudizio. Madre e figlio, oggetto di ripetuti attacchi, lamentavano una campagna di delegittimazione continua, culminata nella richiesta di risarcimento e nella rimozione degli articoli.
La sentenza – estremamente articolata – si presta a una riflessione approfondita per almeno tre motivi:
- Traccia confini molto netti tra diritto di cronaca, diritto di critica e lesione dell’onore.
- Ribadisce rigorosi criteri di verifica della verità, anche nella critica politica.
- Riconosce responsabilità del direttore responsabile anche per articoli firmati da pseudonimi.
Non tutti gli articoli sono diffamatori: la distinzione per blocchi tematici
Il Tribunale compie un lavoro minuzioso, analizzando articolo per articolo.
Gli esiti sono differenziati:
Articoli non diffamatori
La maggior parte dei contenuti contestati viene ritenuta coperta dal diritto di critica politica.
Secondo il giudice:
- la critica politica ammette toni aspri, pungenti e incisivi;
- è sufficiente un nucleo essenziale di verità;
- sono lecite valutazioni soggettive, purché non gratuite, non insultanti e sorrette da un interesse pubblico evidente;
- la famiglia degli attori ricopriva ruoli pubblici e sociali nella comunità colpita dal sisma: ciò giustificava un controllo sociale più intenso.
Ne sono esempio i passaggi relativi:
- alla descrizione della famiglia come gruppo di “notabili” del territorio;
- alle valutazioni (anche severe) sul volontariato o sulla rapida “carriera” del figlio;
- ai parallelismi politici e ai riferimenti alle dinamiche post-elettorali.
Articoli diffamatori
Due articoli (8 ottobre e 17 ottobre 2019) superano invece i limiti della critica consentita.
Per quali ragioni?
- Attribuzione di attività illecite (clientelismo, irregolarità nelle assegnazioni SAE, mercato nero CAS e superCAS) senza adeguata verifica.
- Notizie false o presentate in modo mistificatorio, come l’affermazione che il TAR avesse “accolto il ricorso elettorale”, mentre in realtà aveva solo disposto acquisizioni istruttorie.
- Assenza totale di riscontri sulla presunta partecipazione degli attori a comportamenti penalmente rilevanti.
Il Tribunale parla chiaramente di difetto del requisito di verità – anche putativa – e di errore non scusabile da parte del giornalista.
Il nodo centrale: quando la critica politica perde la sua copertura
La sentenza ricostruisce i principi cardine elaborati dalla Cassazione, ribadendo che il diritto di critica:
- non richiede stretta verità, ma parte sempre da fatti veri e verificati;
- deve rispettare il requisito della continenza espressiva (no insulti, no insinuazioni gravi prive di fondamento);
- deve rispondere a un interesse pubblico concreto;
- non può attribuire comportamenti penalmente illeciti senza fonti attendibili.
La criticità fatale per il convenuto riguarda proprio l’assenza di verifiche su notizie riprese da altre testate, utilizzate come base per accuse molto pesanti.
Il giudice sottolinea che:
«L’onere della prova della verità grava sul giornalista; non basta richiamare articoli di terzi.»
E ancora:
«L’aver riportato notizie false e non adeguatamente verificate appare frutto di errore non scusabile».
La sentenza diventa così una guida pratica per comprendere fino a che punto ci si possa spingere nella critica politica senza sconfinare nella diffamazione.
La responsabilità del direttore responsabile anche con pseudonimi
Un passaggio di grande rilevanza riguarda l’uso dello pseudonimo da parte dell’autore degli articoli.
Il Tribunale afferma:
- la testata aveva struttura da vero giornale online, non da blog;
- il direttore responsabile è chiamato a rispondere per omesso controllo;
- la coincidenza tra direttore e autore con pseudonimo emergeva chiaramente dagli atti e non era stata contestata.
Questo aspetto introduce una riflessione cruciale: l’anonimato o l’uso di pseudonimi non protegge dalle responsabilità quando la pubblicazione avviene su una testata registrata o strutturata come tale.
Danno morale e liquidazione: il valore attribuito dal giudice
Pur accertando la diffamazione solo per due articoli, il Tribunale riconosce un danno non patrimoniale:
- per lesione dell’onore,
- della reputazione,
- e della dignità personale.
La quantificazione tiene conto di:
- la diffusione online degli articoli,
- la reiterazione degli attacchi,
- il ruolo pubblico degli attori nel territorio terremotato,
- la falsità delle accuse più gravi.
Il risarcimento non raggiunge la cifra domandata dagli attori (100.000 euro), ma viene comunque riconosciuto proprio per la gravità delle insinuazioni infondate.
Cosa cambia dopo questa sentenza: 5 punti chiave
1. I confini della critica politica vengono ridefiniti con maggiore rigore
Non basta il contesto politico per legittimare espressioni forti: serve sempre un aggancio fattuale solido.
2. La verifica delle fonti diventa decisiva anche per il commento
Condividere o rilanciare accuse altrui senza verifiche può avere effetti devastanti per la testata.
3. Le testate online sono pienamente equiparate alla stampa tradizionale
Il direttore risponde anche se gli articoli sono firmati con pseudonimo.
4. La responsabilità si estende anche alla costruzione narrativa
Non solo la menzogna diretta, ma anche la mistificazione del contesto può essere diffamatoria.
5. La giurisprudenza valorizza il bilanciamento reputazione – libertà di informazione
La critica resta ampia, ma deve essere verificata, motivata e contenuta.
Una sentenza che fa scuola nella diffamazione online
La Sentenza n. 12914/2024 del Tribunale di Roma si inserisce nel crescente filone giurisprudenziale orientato a:
- tutelare la reputazione nell’ecosistema digitale,
- senza comprimere il diritto di critica, soprattutto politica.
Il messaggio è chiaro: la critica può essere dura, ma non può trasformarsi in accusa penale priva di fondamento, né fare leva su notizie inesatte per orientare l’opinione pubblica.
Per giornalisti, direttori e operatori dell’informazione è un richiamo forte a un uso responsabile, professionale e verificato della parola scritta.
Per i cittadini, una garanzia di tutela effettiva contro campagne diffamatorie costruite senza rigore.






