Si accavallano, di giorno in giorno, le notizie di pubblicazioni di sentenze di condanna della pubblica amministrazione al pagamento di indennizzi, talvolta molto rilevanti, per le ferie arretrate dei dipendenti cessati dal rapporto di lavoro.
Si avvicina la fine dell’anno giudiziario ed i successi ottenuti dal mondo dei lavoratori impiegati nel settore pubblico stanno traguardano la soglia delle 1500 pronunce favorevoli, con oltre 10 milioni di euro fra indennizzi liquidati e spese legali riconosciute all’esito di giudizi, che registrano oltre il 95% di vittorie con una rapidità processuale davvero unica, a riprova che i principi di diritto affermati sono ormai consolidati.
L’ultimo segnale positivo per il mondo sanitario viene proprio dal Tribunale del Lavoro di Perugia che, con la sentenza n. 580/25 pubblicata lo scorso 14 novembre, ha liquidato agli eredi di un dirigente medico, purtroppo prematuramente deceduto, un indennizzo di oltre 80 mila euro per i giorni di ferie che il loro congiunto aveva accumulato negli anni spesi al servizio di un nosocomio territoriale.
La vicenda
Gli eredi di un dirigente di primo livello dell’Azienda Unità Sanitaria Locale Umbria 1 hanno, infatti, presentato domanda nei suoi confronti per veder affermato il loro diritto a ricevere, nella dichiarata qualità, il pagamento dell’indennità sostitutiva di ferie maturate e non godute dal loro congiunto durante il corso del rapporto di impiego, improvvisamente cessato nell’ottobre del 2016 a seguito dell’avvenuto decesso.
Assumevano che costui, in quegli anni, non aveva potuto godere dei giorni di congedo ordinario per la nota carenza di organico, peraltro ripetutamente segnalata ai vertici aziendali, che di fatto aveva reso estremamente difficoltosa una corretta turnazione del personale, con conseguenti riflessi sia sull’operatività dell’unità operativa che, per quanto di interesse, sulla fruizione dei previsti periodi di riposo annuali, che di fatto si sono via via accumulati, senza possibilità di smaltirli integralmente.
La difesa dell’Azienda sanitaria
A fronte del reclamato pagamento dell’indennità da parte degli eredi del medico deceduto, l’Azienda si era costituita in giudizio opponendosi fermamente a qualsiasi ristoro economico, invocando l’operatività del divieto di monetizzazione delle ferie non godute sancito dall’art. 5, comma 8 del D.L. 95/2012, convertito dalla L. 135/2012, nonché contestando la mancata dimostrazione, da parte dei richiedenti, delle circostanze fattuali che avrebbero impedito al loro congiunto di fruire dei giorni di ferie annuali retribuiti.
Inoltre, l’amministrazione convenuta faceva pieno affidamento sull’avvenuto inoltro sistematico ai dirigenti delle diverse unità operative di formali richiami scritti, con cui aveva rimarcato loro la “necessità di assicurare ai dipendenti il godimento delle ferie e di provvedere, a tal fine, alla loro programmazione, anche all’espresso fine di evitare l’accumulo di ferie non godute nel corso degli anni precedenti”;
La proposta conciliativa respinta dalla ASL
Verificata, ad una prima valutazione, la possibile fondatezza della domanda proposta dagli eredi, il giudice ricercava una soluzione transattiva fra le parti, proponendo il pagamento dell’importo di euro 54.000,00, a fronte degli 87 mila richiesti nel ricorso, ma l’Azienda respingeva la proposta non volendo aderire al tentativo di conciliazione,.
Si apriva pertanto la fase istruttoria che, una volta completata, conduceva alla decisione, con riduzione della domanda iniziale a fronte del riconoscimento di un pagamento di oltre 7 mila euro per le ferie relative all’ultimo anno di servizio svolto dal sanitario dipendente.
La decisione del Tribunale di Perugia
Nell’approdare alla decisione finale, il giudice si è dovuto preliminarmente occupare del divieto espresso dall’art. 5, comma 8, del D.L. n. 95/2012, ripercorrendo tutto il susseguirsi di pronunce che, nel corso di questi anni, si sono via via susseguite, sia a livello costituzionale che di legittimità, per rendere la norma conforme ai dettami imposti dalla Corte di Giustizia europea sulla discussa tematica della legittimità o meno di disposizioni statali che prevedessero il divieto di monetizzazione delle ferie non godute dal lavoratore.
Richiamate, per ciò solo, le decisioni adottate dalla Cassazione che, nel corso degli anni, hanno definitivamente aperto al riconoscimento del diritto al pagamento dell’indennità al ricorrere dei presupposti previsti dalla Corte di Giustizia europea, il Tribunale ha fatto quindi discendere il principio per cui “tenuto conto dell’irrinunciabilità del diritto alle ferie e della conseguente monetizzabilità delle stesse ove emerga che la loro fruizione è stata impedita da causa indipendente dalla volontà del lavoratore – tale dovendosi ritenere anche l’inadempimento del datore di lavoro ai propri obblighi organizzativi – è onere del datore di lavoro assicurarsi con ogni mezzo che il pubblico dipendente, annualmente, riesca a fruire di un cospicuo numero di ferie, in modo che queste possano assolvere alla loro effettiva funzione, che è quella di apportare all’interessato il riposo necessario ed adeguato per il recupero delle energie psicofisiche compromesse dalla costante attività lavorativa svolta”.
Onere della prova: tutto a carico dell’Azienda
Richiamato il principio ispiratore a cui fare riferimento, l’apprezzamento giudiziale ha dunque rivolto la sua attenzione al riparto dei rispettivi oneri probatori, valutando in primis se l’Azienda, come previsto dall’unanime giurisprudenza di legittimità (da ultimo, Cass. n. 13691/2025) , avesse o meno esercitato tutto quanto in suo potere per consentire al suo dirigente medico di poter fruire delle ferie a lui spettanti.
Ebbene, esaminando attentamente la condotta processuale dell’amministrazione, il giudice ha osservato come tale prova non fosse stata raggiunta, non avendo l’amministrazione neppure allegato, nè tantomeno dimostrato, di aver formalmente inviato il suo dipendente a godere dei giorni di congedo ordinario, avvertendolo contemporaneamente che, in difetto, avrebbe potuto perderli al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.
Nessun valore per i richiami alla programmazione delle ferie
Scrutinando il contenuto di alcune missive prodotte dall’Azienda, con cui quest’ultima riteneva di aver assolto il proprio onere probatorio, il Tribunale ha giustamente osservato come non potessero assumere il benchè minimo valore, trattandosi di mere direttive inviate ai Dirigenti per invitarli alla programmazione annuale delle ferie.
Queste lettere, peraltro particolarmente comuni nella prassi aziendale, sono state rigorosamente esaminate, giungendo alla conclusione che trattavasi di semplici comunicazioni che, oltre ad essere inviate impersonalmente a tutta la dirigenza, avevano unicamente lo scopo di sollecitare la redazione di piano di programmazione delle ferie, così da “contemperare il diritto dei dipendenti con le esigenze dell’organizzazione del lavoro nell’ambito dei servizi aziendali”.
Valgono soltanto gli inviti chiari e personalizzati
Esclusa ogni valenza probatoria per queste comunicazioni generiche, il giudice non ha quindi rinvenuto agli atti alcuna missiva aziendale indirizzata personalmente e specificamente al medesimo dirigente medico, nel suo ruolo specifico di dipendente, contenente l’invito alla fruizione delle ferie maturate, con relativa fissazione di un termine determinato per il loro godimento e contestuale esplicito avvertimento che, in mancanza, sarebbero state definitivamente perse.
Provata la carenza organizzativa
Pur potendo, non ci si è limitati a riscontrare tale carenza probatoria, che di per sé sarebbe già stata sufficiente per giustificare la condanna dell’Azienda sanitaria al pagamento dell’indennizzo, ma vieppiù si è aggiunto come il datore di lavoro non avesse neppure dimostrato di aver “svolto annualmente – e quindi in tempo utile a garantire che le ferie fossero ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire – quell’attività di verifica ed organizzazione del piano ferie di tutti i dipendenti, volta a consentirne adeguata fruizione e progressivo smaltimento”.
Praticamente, non è emersa la prova che l’Azienda, a fronte delle riscontrate carenze organizzative dell’unità operativa, avesse posto in essere tutti accorgimenti idonei a garantire la corretta fruizione delle ferie del personale a ciò adibito, ed alla quale era assegnato anche il dirigente medico in questione, che pertanto non era stato messo, per colpa dell’amministrazione, nelle migliori condizioni possibili per poter godere dei prescritti periodi di riposo annuali, smaltendo anche i precedenti, che invece si erano andati accumulandosi con l’andar del tempo.
Condanna pesante
Da tutte le considerazioni che precedono, ne è quindi conseguito l’accertamento del diritto degli eredi del sanitario, prematuramente scomparso, alla liquidazione dell’indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute dal loro congiunto, con conseguente condanna dell’Azienda al pagamento in loro favore della somma complessiva di oltre 80 mila euro, oltre al maggior importo tra interessi legali e rivalutazione monetaria, ai sensi dell’art. 22, comma 36 l. 724/1994, maturato dalla cessazione del rapporto di lavoro al saldo, con ulteriore riconoscimento delle spese di lite sostenute per la difesa dei loro diritti.






