Una lite condominiale nata a Catania arriva fino in Cassazione e diventa un punto di riferimento per la giurisprudenza del 2025. Tre proprietari di appartamenti, di fronte a gravi infiltrazioni d’acqua e danni alla copertura del palazzo, decidono di agire autonomamente: eseguono lavori di ripristino del tetto e dell’impianto di smaltimento delle acque piovane, chiedendo poi agli altri condòmini il rimborso di oltre 60.000 euro in base ai millesimi di proprietà.
Il Tribunale di Catania prima e la Corte d’Appello poi respingono la richiesta, ritenendo che la spesa non avesse i requisiti di urgenza previsti dall’art. 1134 del Codice Civile.
La vicenda approda così in Cassazione, dove viene chiarito un principio di diritto fondamentale per chi vive e amministra in condominio.
La decisione della Cassazione: il concetto di urgenza va interpretato con rigore
Con l’ordinanza n. 16351 del 17 giugno 2025, la Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione ribadisce un concetto chiave:
“Il condomino che anticipa spese per la conservazione della cosa comune ha diritto al rimborso solo se dimostra l’urgenza, cioè che l’intervento doveva essere eseguito senza ritardo e senza possibilità di avvertire l’amministratore o gli altri condòmini.”
Nel caso di Catania, i lavori erano stati eseguiti dopo un provvedimento d’urgenza del giudice, che già imponeva al condominio di intervenire. Secondo la Corte, in una simile situazione, non sussiste l’urgenza, perché il condomino avrebbe potuto attivare l’esecuzione del provvedimento, invece di agire di propria iniziativa. Di conseguenza, nessun rimborso è dovuto.
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Cosa insegna questa sentenza ai condomini e agli amministratori
L’ordinanza mette ordine in un ambito spesso fonte di contenzioso, chiarendo quando le spese autonome del singolo siano rimborsabili:
Non basta che l’intervento sia utile o necessario: deve essere immediatamente indifferibile per evitare danni alla cosa comune o a terzi.
L’urgenza deve essere oggettiva e documentata, e il condomino deve dimostrare di non aver potuto avvisare tempestivamente l’amministratore.
Se esiste un provvedimento del giudice o se l’intervento può essere deliberato dall’assemblea, non si può parlare di urgenza.
Come ricorda la Cassazione, in questi casi il rimedio corretto è ricorrere all’autorità giudiziaria (artt. 1105 e 1139 c.c.), non agire unilateralmente.
Un principio che tutela la gestione condivisa
Il messaggio delle Sezioni civili è chiaro: il condominio è una comunità giuridica regolata da equilibri precisi.
Le iniziative individuali, anche se animate da buone intenzioni, non possono sostituire le procedure collegiali o le decisioni dell’amministratore.
Solo quando vi è un pericolo immediato e non rinviabile per persone o cose, il singolo può agire e ottenere rimborso.
Perché è importante per i professionisti
Questa sentenza rappresenta un riferimento autorevole nella gestione delle urgenze edilizie.
Ribadisce la necessità di documentare ogni intervento, convocare l’assemblea o ricorrere tempestivamente al giudice, evitando decisioni unilaterali che rischiano di non essere riconosciute come “urgenti”.






