Medico ex collaboratore: azienda condannata a ricostruire la carriera

Si registra l’ennesimo intervento della magistratura del lavoro sul tema dei contratti di collaborazione continuata che, protrattisi per anni, vengono poi seguiti dalla stabilizzazione del personale sanitario. 

Il tema, in questi casi, riguarda il diritto o meno del lavoratore di vedersi riconosciuti gli anni di servizio prestati prima dell’avvenuta sottoscrizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato nel computo dell’anzianità complessiva, utile ai fini delle previste progressioni economiche e di carriera. 

Il caso: anni di collaborazione riconosciuti come lavoro subordinato

La vicenda, recentemente risolta dal Tribunale di Napoli con la sentenza n. 6710/2025 del 29 settembre scorso, riguarda un medico che, per diversi anni, aveva lavorato per la stessa azienda, in cui era stato successivamente stabilizzato, in forza di successivi contratti di convenzione, svolgendo la propria attività in modo del tutto analogo a quella dei colleghi di ruolo. 

Nello specifico, affermava di svolto la propria prestazione, dapprima a seguito di plurimi incarichi professionali, poi seguiti da rinnovati contratti a tempo determinato, cui seguiva infine la trasformazione in contratto a tempo indeterminato sempre con la stessa Azienda sanitaria. 

Su tali premesse, richiedeva pertanto che tale periodo gli fosse interamente computato nell’anzianità di servizio complessiva, così da veder attivate le tutele previste sia in termini di riconoscimento delle progressioni economiche e di carriera, quali l’attribuzione della fascia superiore dell’indennità di esclusività, sia riguardo al calcolo del quinquennio necessario per il conferimento di un incarico dirigenziale superiore. 

La sentenza: il Tribunale di Napoli dà ragione al medico

Nel motivare la propria decisione, il Giudice ha voluto preliminarmente indagare la reale natura del rapporto di lavoro descritto dal medico ricorrente, onde individuare gli indici rilevatori della subordinazione che, secondo la richiamata giurisprudenza di legittimità (Cass. ord. n. 4360/2023), avrebbero aperto la strada al riconoscimento della conseguente tutela risarcitoria a favore del lavoratore,  nei limiti di cui all’art. 2126 c.c., oltre alla ricostruzione della posizione contributiva previdenziale ed alla corresponsione del trattamento di fine rapporto per il periodo pregresso. 

Tenuto conto delle peculiarità proprie del lavoro svolto in ambito sanitario e, nello specifico, dal personale medico, si è quindi fatto ricorso ad una serie di indici presuntivi generalmente utilizzati dalla giurisprudenza per rilevare nei casi concreti l’eventuale sussistenza dei connotati tipici della subordinazione. 

Gli indici rivelatori della subordinazione

Ricostruito il quadro normativo siccome ancorato all’art. 2094 c.c., letto in combinato disposto con  gli artt. 2099 e ss., 2104, 2104, 2106 c.c., si è quindi fatto riferimento ai criteri individuati dalla migliore interpretazione giurisprudenziale, ossia: 

  1. l’eterodirezione delle modalità, anche di tempo e di luogo, della prestazione; 
  1. l’inserimento stabile del lavoratore nell’organizzazione produttiva dell’impresa; 
  1. l’utilizzo di locali, mezzi e strutture fornite dal datore di lavoro;  
  1. l’assenza di rischio imprenditoriale; 
  1. l’obbligo di osservanza di un orario di lavoro e di frequenza giornaliera, con annessi obblighi di giustificazione dei ritardi e delle assenze; 
  1. la continuità della collaborazione, quale obbligo ideale tendenzialmente stabile di messa a disposizione da parte del dipendente delle energie lavorative; 
  1. la retribuzione predeterminata a cadenza fissa;  
  1. il pagamento dello straordinario, godimento delle ferie, versamento di contributi assicurativi; 
  1. l’esclusività della prestazione;  
  1. l’infungibilità soggettiva della prestazione;  
  1. l’esercizio di mansioni meramente esecutive. 

Nel caso specifico, il Giudice ha quindi riscontrato, all’esito dell’istruttoria testimoniale espletata, la presenza degli indici rilevatori che precedono, risultando il medico assoggettato, già durante il rapporto di collaborazione, alla direzione del primario, nonché inserito, al pari degli altri colleghi di ruolo, nell’organizzazione del reparto, osservando turni, riposi e quant’altro, dovendo altresì giustificare ritardi ed assenze, percependo infine una retribuzione fissa a cadenza predeterminata, con fruizione di periodi di ferie sempre autorizzati.  

Decisione finale: carriera ricostruita e differenze retributive

Riconosciuta, pertanto, la natura subordinata del rapporto di lavoro per tutto il periodo in contestazione, il Giudice ha quindi dichiarato il diritto del medico a vederlo interamente computato nella complessiva anzianità di servizio, rendendolo così utile sia ai fini delle progressioni economiche e di carriera, tra cui l’attribuzione della fascia superiore dell’indennità di esclusività, sia ai fini del calcolo del quinquennio necessario per il conferimento di un incarico dirigenziale superiore. 

L’Azienda sanitaria convenuta è stata dunque condannata alla ricostruzione della carriera ed alla corresponsione, in suo favore, delle differenze retributive dovute per il mancato riconoscimento, a decorrere dalla data di assunzione, di tutti gli emolumenti previsti in ragione dell’anzianità di servizio, tra cui l’indennità di esclusiva con anzianità a decorrere dall’inizio del rapporto. 

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