Tribunale di Roma sezione lavoro: respinto il ricorso del dipendente sospeso per non essersi sottoposto al vaccino.

Nel solco dei vari pronunciamenti che, in questo ultimo periodo, sono stati resi dai Tribunali di merito riguardo alla vaccinazione anti Covid-19 dei lavoratori, si rinviene anche una recente ordinanza del Tribunale di Roma, Sez. Lavoro n. 18441 del 28 luglio 2021, che ha respinto il ricorso ex art. 700 c.p.c. presentato dal lavoratore contro il provvedimento di sospensione dall’attività e dalla retribuzione assunto dal proprio datore di lavoro per non essersi sottoposto al ciclo vaccinale.

Nel caso di specie, il lavoratore era stato sottoposto a visita di idoneità dal medico competente che lo aveva giudicato “Idoneo con limitazioni”, non potendo entrare in contatto con gli ospiti della residenza per essersi rifiutato di sottoporsi a vaccinazione contro il Covid-19.

In conseguenza di ciò, gli era stata quindi comunicata, ai sensi dell’art. 42 della legge 81/08, la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, non avendo rinvenuto altra collocazione lavorativa confacente con la professionalità del lavoratore.

Il tribunale capitolino, respingendo la censura opposta dalla ricorrente, che riteneva il provvedimento di sospensione alla stessa stregua di una sanzione disciplinare, lo ha invece considerato doveroso atteso il giudizio di parziale inidoneità assunto dal medico competente, che quindi imponeva alla parte datoriale di provvedere in tal guisa ai sensi dell’art. 2087 c.c.

Obbligo di “prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro”.

Si è quindi osservato che, proprio in virtù dell’art. 20 D. Lgs. 81/2008, sul lavoratore incombente l’obbligo di “prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro”, dovendo altresì ”contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”, osservando “le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale”.

Con questa pronuncia si conferma l’orientamento, finora sostenuto da una certa giurisprudenza di merito, che riconosce nel datore di lavoro quel ruolo di garanzia della salute e sicurezza dei lavoratori e dei terzi, con conseguente onere a suo carico di assumere tutti i provvedimenti necessari per la protezione della salute sul posto di lavoro.

Sospensione della prestazione lavorativa e blocco del pagamento della retribuzione.

Conseguenziale alla sospensione della prestazione lavorativa è il relativo blocco del pagamento della retribuzione, ritenuto legittimo quando le prestazioni lavorative sono vietate dalle prescrizioni del medico competente.

Di rilievo, l’affermazione del giudice allorché, riprendendo un precedente in termini del Tribunale di Modena, ripete che: “la protezione e la salvaguardia della salute dell’utenza rientra nell’oggetto della prestazione esigibile. Tutela della salute dell’utenza, penetrata nella struttura del contratto tanto da qualificare la prestazione lavorativa, che non può che attuarsi (anche) mediante la sottoposizione al trattamento sanitario del vaccino contro il virus Sars Cov-2.Con la conseguenza per cui un ingiustificato contegno astensivo rende la prestazione (ove tramontata la possibilità di ricollocamento aliunde) inutile, irricevibile da parte del datore di lavoro poiché inidonea al soddisfacimento dell’interesse creditorio e alla realizzazione del sinallagma, così come obiettivizzatosi nel regolamento contrattuale”.

 

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